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Lo sviluppo della gnoseologia moderna - Swif

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Giovanni Boniolo© 2003 – <strong>Lo</strong> <strong>sviluppo</strong> <strong>della</strong> <strong>gnoseologia</strong> <strong>moderna</strong><br />

Cartesio, di tre tipi: idee innate, quindi connaturate all'uomo, come l'idea di Dio; idee<br />

avventizie, cioè ricavate dal mondo esterno e acquisite attraverso l'esperienza; idee<br />

fattizie, cioè prodotte dalla immaginazione senza un necessario rapporto diretto con<br />

l'esperienza. Solo l'idea innata di Dio, tuttavia, legittima l'affermazione certa<br />

dell'esistenza di qualcosa oltre me. E' una curiosa combinazione di presupposti platonici<br />

e di principio di causalità a far compiere tale discusso passaggio a Cartesio.<br />

“L'idea mediante la quale conosco un Dio sovrano, eterno, infinito, immutabile,<br />

onnisciente, onnipotente e creatore universale di tutte le cose che sono fuori di Lui,<br />

quell'idea, dico, ha certamente in sé maggiore realtà obiettiva che non quelle che mi<br />

rappresentano sostanze finite. Ora è cosa manifesta al lume naturale che nella causa<br />

efficiente e totale debba esserci almeno tanta realtà quanta ce n'è nel suo effetto: da dove<br />

infatti l'effetto potrebbe trarre la sua realtà se non dalla causa? ed in che modo tale causa<br />

potrebbe comunicargliela, se non l'avesse in se stessa? […] Se la realtà oggettiva di alcune<br />

mie idee è tale che io conosco con chiarezza che essa non è in me né formalmente né<br />

eminentemente e che per conseguenza non posso esserne la causa, ne consegue<br />

necessariamente che io non sono solo al mondo ma esiste anche qualcosa d'altro, causa di<br />

questa idea” (Ivi, pp. 217-219).<br />

Per il percorso che stiamo compiendo verso la filosofia kantiana è importante<br />

sottolineare l'esigenza, per uscire dal solipsismo dell'io come unica certezza, di ricorrere<br />

al principio di causalità, connesso in più al principio che la causa ha più essere<br />

dell'effetto. Che cosa sono tali principi? Non idee, non volizioni, non assenso, non<br />

volontà. La res cogitans non è quindi solo una substantia, ma uno spazio di azioni,<br />

come Cartesio stesso ci ha detto, azioni che avvengono sulla base di principi logici, in<br />

base ai quali ragioniamo e cogliamo i nessi tra idee e sostanze. Ma sarà solo G.W.<br />

Leibniz a portare a fondo questa intuizione, mostrando la tessitura di principi e strutture<br />

logiche che abita il nostro intelletto e che agisce sempre nella nostra conoscenza.<br />

L'aver dimostrato l'esistenza di Dio permette di collegare alla causa di tale idea la<br />

caratteristica di non essere ingannatore: da qui la fondatezza <strong>della</strong> matematica - che si<br />

trovava ancora sospesa nel limbo epistemologico dal dubbio del genio maligno - nonché<br />

la giustificazione di un mondo esterno, indipendente dal soggetto conoscente, fonte<br />

delle idee avventizie. Solo a questo punto Cartesio è in grado di giustificare l'esistenza<br />

<strong>della</strong> realtà esterna. Va sottolineato che la via per giungere ad attestare la esistenza del<br />

mondo esterno, se non è quella tipica dell'approccio empirista - cioè accettare<br />

l'attestazione dei sensi - si trova davanti un cammino non facile. Essa deve un po'<br />

CxC – Calls for Comments, SWIF www.swif.it/cxc 13

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