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Italia a Tavola Marzo-Aprile 2020

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di Matteo Scibilia<br />

La crisi provocata dal Covid-19<br />

ci ha (e lo farà per molto tempo)<br />

imposto la domanda di<br />

“come” fare ristorazione alla riapertura<br />

delle attività, si presume dopo il 15<br />

maggio, dopo quasi 3 mesi di chiusura.<br />

Nella rete è un susseguirsi di annunci,<br />

desideri, strategie da parte di “grandi”<br />

cuochi e anche di ristoratori “normali”.<br />

C’è chi annuncia di non riaprire o che<br />

modificherà il percorso lavorativo o le<br />

scelte di cucina. Decisioni che andranno<br />

a impattare forse per sempre sul<br />

volto della ristorazione, non solo italiana.<br />

Certamente uno dei problemi principali,<br />

comune alla stragrande maggioranza,<br />

è nell’immediato la crisi finanziaria:<br />

c’è una mancanza di liquidità<br />

che ha portato una fetta di cuochi e ristoratori<br />

a reinventarsi, sfruttando le<br />

poche possibilità che le strette maglie<br />

della sicurezza anti Covid ha permesso,<br />

cioè il delivery, quell’attività che in televisione<br />

viene pubblicizzata dalle<br />

grandi piattaforme di multinazionali di<br />

distribuzione di cibo attraverso l’impiego<br />

dei “rider”, ovvero i fattorini più<br />

o meno in regola con la sicurezza alimentare,<br />

che tanto hanno fatto scalpore<br />

anche per alcuni servizi televisivi di<br />

“Striscia la notizia”.<br />

Uno dei tanti (troppi?) decreti che<br />

il nostro governo ha emanato permette<br />

a molti ristoratori di poter effettuare<br />

delivery di food e piatti pronti per lenire<br />

le difficoltà finanziare del momento.<br />

La creatività e la voglia di fare tipica<br />

del nostro tessuto di microimprese<br />

hanno fatto il resto: ora in molti affermano<br />

che il delivery si imporrà e forse<br />

sarà una nuova modalità di lavoro per<br />

la ristorazione. Al punto che la Fipe-<br />

Federazione italiana pubblici esercizi<br />

ha chiesto al governo di allargare questa<br />

possibilità anche all’asporto. Eppure<br />

c’è una bella differenza tra le due<br />

forme: il delivery presuppone la consegna<br />

a casa del cliente; con l’asporto è<br />

il cliente che si deve recare presso il<br />

ristorante per ritirare il cibo ordinato.<br />

Comprensibilmente quest’ultima possibilità<br />

per ora non era stata concessa<br />

dal governo.<br />

Ma vediamo cosa prevde prevede<br />

uno dei decreti sulla possibilità di fare<br />

delivery.<br />

Le misure precauzionali previste<br />

sono molto precise:<br />

COVID-19 | #ANDRATUTTOBENE<br />

I ristoratori debbono mettere a disposizione<br />

del personale tutto quanto<br />

serve per operare in maniera igienica,<br />

e soprattutto mantenere la distanza di<br />

un metro nello svolgimento di tutte le<br />

attività. Quindi chi ha cucine piccole<br />

rischia di non poter effettuare questa<br />

nuova attività.<br />

Si debbono definire aree destinate al<br />

ritiro del cibo preparato osservando<br />

procedure di pulizia e igienizzazione<br />

straordinarie. Queste aree debbono<br />

essere separate dai locali destinati alla<br />

produzione di cibo.<br />

Il ritiro del cibo dovrà avvenire nel<br />

rispetto della distanza di un metro con<br />

l’assenza di contatti diretti.<br />

Il cibo deve essere chiuso in apposite<br />

confezioni con adesivi, graffette o altro<br />

per assicurare la massima protezione.<br />

Il cibo così preparato deve essere riposto<br />

in zaini termici o nei con contenitori<br />

da trasporto, che debbono essere<br />

sempre puliti e igienizzati.<br />

La consegna deve avvenire tenendo<br />

conto della distanza prevista senza<br />

contatto diretto con il cliente.<br />

Specifichiamo tutto questo perché<br />

se un ristoratore si organizza può fare<br />

delivery in proprio senza appoggiarsi<br />

ad una piattaforma. Il ristoratore si<br />

deve attrezzare e adeguare il processo<br />

produttivo a norme che prevedono:<br />

un piano Haccp specifico;<br />

possibilmente una documentazione<br />

via mail dell’ordine del cliente;<br />

un trasporto del cibo in totale sicurezza;<br />

una tracciabilità del pagamento.<br />

Insomma un percorso non proprio<br />

facile, ma possibile. Ci auguriamo peraltro<br />

che i ristoratori non facciano le<br />

consegne con la propria auto. E ci<br />

chiediamo: tutti i ristoratori che svolgono<br />

delivery si sono adeguati a queste<br />

norme? Una delle cose più facili è<br />

appoggiarsi ad una delle piattafor-<br />

MARZO / APRILE <strong>2020</strong> · ITALIA A TAVOLA<br />

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