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Italia a Tavola Marzo-Aprile 2020

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Un’ulteriore possibilità per il ristoratore,<br />

di cui si parla poco, è poi la vendita<br />

diretta, anche online, sia con il<br />

delivery che con l’asporto vero e proprio,<br />

di prodotti confezionati o materie<br />

prime. Per intenderci, il più classico<br />

vino, olio o altri prodotti tipo pasta, pelati,<br />

dolci, barattoli sott’olio o cibi sottovuoto.<br />

Cosa dice in proposito la legge?<br />

C’è un problema di autorizzazione e<br />

uno di tipo fiscale. Il ristoratore può di<br />

fatto vendere tutti i prodotti che utilizza<br />

nella pratica giornaliera di cucina,<br />

ha l’autorizzazione di somministrazione<br />

di alimenti e bevande, ma non della<br />

vendita al dettaglio. Un ristorante, oggi,<br />

produce e vende un servizio con fatture<br />

e ricevute elettroniche e con un’iva<br />

fissa del 10%, mentre la vendita al dettaglio,<br />

quindi con asporto, prevede la<br />

presenza di uno scontrino elettronico e<br />

un’iva differenziata per tipologia di<br />

prodotto, molti vini hanno ad esempio<br />

l’iva al 22%. Tenendo conto che il commercio<br />

è regolato su base regionale,<br />

prima di avventurarsi sarebbe meglio<br />

farsi appoggiare da un consulente specifico.<br />

Sappiamo che in molti casi i ristoranti<br />

vendono vino addebitandolo<br />

sulla ricevuta del pasto del cliente, ma<br />

anche qui si rischia. In questo caso il<br />

vino verrebbe venduto con un ricarico<br />

diverso, più basso, dello stesso nella<br />

carta dei vini, e questo complica le<br />

cose in un controllo induttivo fiscale,<br />

dato che i ricarichi sono diversi, potrebbero<br />

sorgere delle contestazioni. Si<br />

vende con la ricevuta del pasto e si presume<br />

che sia un vino consumato al tavolo.<br />

COVID-19 | #ANDRATUTTOBENE<br />

Un altro aspetto sempre più frequente<br />

è che molti cuochi e ristoratori<br />

producono salse, confetture, marmellate<br />

e altri prodotti in proprio; è una attività<br />

che normalmente non rientra nella<br />

“licenza” di somministrazione. In questo<br />

caso è un’attività produttiva vera e<br />

propria da comunicare attraverso una<br />

Scia al Comune e all’Ats del territorio,<br />

che eventualmente possono controllare<br />

il percorso produttivo con tanto di<br />

Haccp. Le cose si complicano per<br />

esempio già nel realizzare le etichette,<br />

molto complicate, con le relative norme<br />

previste dalle leggi in vigore.<br />

Delivery, asporto e vendita di prodotti<br />

sono attività che si affiancano alla<br />

tradizionale attività di cucina e che<br />

certamente possono essere un’interessante<br />

diversificazione e compensazione<br />

per la riduzione dei coperti imposta<br />

dal distanziamento sociale. Bisogna<br />

però attrezzarsi da subito, tenendo<br />

conto dei nuovi costi aggiuntivi e delle<br />

eventuali autorizzazioni che vanno richieste<br />

subito.<br />

Per chiudere, ci preoccupa che il<br />

Covid-19 rischi di stravolgere la nostra<br />

ristorazione. In molti, pur di continuare<br />

la propria attività, si avventureranno<br />

nei percorsi che abbiamo descritto. Il<br />

rischio, lo vogliamo sottolineare, è che<br />

ci possa essere uno snaturamento<br />

dell’attività di ristorazione tradizionale<br />

e che il cliente alla fine non sia più in<br />

grado di distinguere il cibo del delivery<br />

o dell’asporto dal cibo servito nel ristorante.<br />

Ci dovrà essere una differenza,<br />

perché in caso contrario tutto il nostro<br />

Made in Italy potrebbe avere un contraccolpo<br />

negativo e avviarsi ad un declino.<br />

La responsabilità dei nostri cuochi<br />

e ristoratori dovrà quindi essere<br />

quella di salvare la nostra storia e la<br />

nostra tradizione e proporre ancora<br />

un’emozione, non limitandosi a vendere<br />

cibo.

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