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Un’ulteriore possibilità per il ristoratore,<br />
di cui si parla poco, è poi la vendita<br />
diretta, anche online, sia con il<br />
delivery che con l’asporto vero e proprio,<br />
di prodotti confezionati o materie<br />
prime. Per intenderci, il più classico<br />
vino, olio o altri prodotti tipo pasta, pelati,<br />
dolci, barattoli sott’olio o cibi sottovuoto.<br />
Cosa dice in proposito la legge?<br />
C’è un problema di autorizzazione e<br />
uno di tipo fiscale. Il ristoratore può di<br />
fatto vendere tutti i prodotti che utilizza<br />
nella pratica giornaliera di cucina,<br />
ha l’autorizzazione di somministrazione<br />
di alimenti e bevande, ma non della<br />
vendita al dettaglio. Un ristorante, oggi,<br />
produce e vende un servizio con fatture<br />
e ricevute elettroniche e con un’iva<br />
fissa del 10%, mentre la vendita al dettaglio,<br />
quindi con asporto, prevede la<br />
presenza di uno scontrino elettronico e<br />
un’iva differenziata per tipologia di<br />
prodotto, molti vini hanno ad esempio<br />
l’iva al 22%. Tenendo conto che il commercio<br />
è regolato su base regionale,<br />
prima di avventurarsi sarebbe meglio<br />
farsi appoggiare da un consulente specifico.<br />
Sappiamo che in molti casi i ristoranti<br />
vendono vino addebitandolo<br />
sulla ricevuta del pasto del cliente, ma<br />
anche qui si rischia. In questo caso il<br />
vino verrebbe venduto con un ricarico<br />
diverso, più basso, dello stesso nella<br />
carta dei vini, e questo complica le<br />
cose in un controllo induttivo fiscale,<br />
dato che i ricarichi sono diversi, potrebbero<br />
sorgere delle contestazioni. Si<br />
vende con la ricevuta del pasto e si presume<br />
che sia un vino consumato al tavolo.<br />
COVID-19 | #ANDRATUTTOBENE<br />
Un altro aspetto sempre più frequente<br />
è che molti cuochi e ristoratori<br />
producono salse, confetture, marmellate<br />
e altri prodotti in proprio; è una attività<br />
che normalmente non rientra nella<br />
“licenza” di somministrazione. In questo<br />
caso è un’attività produttiva vera e<br />
propria da comunicare attraverso una<br />
Scia al Comune e all’Ats del territorio,<br />
che eventualmente possono controllare<br />
il percorso produttivo con tanto di<br />
Haccp. Le cose si complicano per<br />
esempio già nel realizzare le etichette,<br />
molto complicate, con le relative norme<br />
previste dalle leggi in vigore.<br />
Delivery, asporto e vendita di prodotti<br />
sono attività che si affiancano alla<br />
tradizionale attività di cucina e che<br />
certamente possono essere un’interessante<br />
diversificazione e compensazione<br />
per la riduzione dei coperti imposta<br />
dal distanziamento sociale. Bisogna<br />
però attrezzarsi da subito, tenendo<br />
conto dei nuovi costi aggiuntivi e delle<br />
eventuali autorizzazioni che vanno richieste<br />
subito.<br />
Per chiudere, ci preoccupa che il<br />
Covid-19 rischi di stravolgere la nostra<br />
ristorazione. In molti, pur di continuare<br />
la propria attività, si avventureranno<br />
nei percorsi che abbiamo descritto. Il<br />
rischio, lo vogliamo sottolineare, è che<br />
ci possa essere uno snaturamento<br />
dell’attività di ristorazione tradizionale<br />
e che il cliente alla fine non sia più in<br />
grado di distinguere il cibo del delivery<br />
o dell’asporto dal cibo servito nel ristorante.<br />
Ci dovrà essere una differenza,<br />
perché in caso contrario tutto il nostro<br />
Made in Italy potrebbe avere un contraccolpo<br />
negativo e avviarsi ad un declino.<br />
La responsabilità dei nostri cuochi<br />
e ristoratori dovrà quindi essere<br />
quella di salvare la nostra storia e la<br />
nostra tradizione e proporre ancora<br />
un’emozione, non limitandosi a vendere<br />
cibo.