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1 Napoli città nobilissima, antica e fedelissima, esposta agli occhi et ...

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[334] ΤΙΒΕΡΙΟΣ ΙΟΥΛΙΟΣ ΤΑΡΣΟΣ ΔΙΟΣΚΟΡΟΙΣ ΚΑΙ. ΤΗ. ΠΟΛΕΙ. ΤΟΝ. ΝΑΟΝ ΚΑΙ ΤΑ. ΕΝΤΩ.<br />

ΝΑΩ ΠΕΛΑΓΟΝ ΣΕΒΑΣΤΟΥ ΑΡΕΛΕΥΘΕΡΟΣ ΚΑΙ ΕΠΙΤΡΟΠΟΣ ΣΙΝΤΕΛΕΣΑΣ. ΕΚΤΩΝ ΙΔΙΟΝ ΚΑ<br />

ΘΙΕΡΟΣΕΝ.<br />

Variamente trasportato, ma per la più comune: “Tiberio Giulio Tarso, alli Dioscori ed alla <strong>città</strong>, il<br />

tempio. E quel ch’è nel tempio, Pelagone liberto d’Augusto. Venerando, liberto e procuratore, havendovi<br />

contribuito col proprio havere, lo consecrò”.<br />

Quel Pelagone, altri interpr<strong>et</strong>ano “procuratore de’ pelagi”, cioè del mare; lascio ciò <strong>agli</strong> intendenti e<br />

prattici della lingua greca. Avanti la chiesa, nella piazz<strong>et</strong>ta, v’è una statua di San Ga<strong>et</strong>ano sopra un piedestallo,<br />

er<strong>et</strong>toli dalla <strong>città</strong> in voto della liberazione del passato contagio, che col tempo si deve rifar migliore, a questo<br />

fine essendole stata data da [335] don Pi<strong>et</strong>ro d’Aragona una bella colonna che stava nell’Arcivescovato, e da’<br />

padri si conserva coperta, vicina la porta picciola.<br />

Fu er<strong>et</strong>to il primo tempio cristiano sopra il gentile a’ principi degli apostoli Pi<strong>et</strong>ro e Paulo, per una<br />

vittoria havuta contro saraceni nel 574; la sua bellezza poi da’ padri teatini fatta grande e resa molto<br />

riguardevole, essendo tutto il soffitto del coro posto a stucchi d’oro; dipinta dal Corensio; le virtù negli angoli<br />

dell’altar maggiore, d’Andrea Vaccari; la volta grande, fatta a lamia di canne, dipinta dal Massimo; i quadri tra<br />

le finestre, d’Andrea di Leone, con le macchie del Vaccaro; l’altar maggiore è di marmi commessi; il<br />

tabernacolo di bronzo dorato, di pi<strong>et</strong>re preziose, con colonne di diaspro e statu<strong>et</strong>te di bronzo, del Fiamengo,<br />

disegno del padre don Anselmo Cangiano. La Cappella del principe di Sant’Agata di casa Firrao è tutta di<br />

marmi; la Vergine col Figlio e le due statue in gin<strong>occhi</strong>oni, di Giulio Marg<strong>agli</strong> carrarese; la volta posta in oro è<br />

dipinta dal Massimo; la cappella che sie[336]gue ha un tesoro di reliquie in baul<strong>et</strong>ti, col catalogo de’ martiri che<br />

vi si venerano. Nella Cappella dell’Angelo Custode vi sono altre insigni reliquie, con legno della Santa Croce,<br />

ed arrivano le reliquie de’ santi apostoli, martiri, confessori e vergini a 195; v’è altresì una spina del Signore,<br />

de’ flagelli, della veste inconsutile, del presepio, della colonna, della tomba, ed una copia del Santo Sudario che<br />

si conserva in Turino.<br />

Nella Cappella del Beato Andrea Avellino, dall’Epistola, vi si conserva il suo corpo in un’arca di bronzo<br />

dorato con ornamenti d’argento, e adornata di tabelle d’argento.<br />

L’imagine della Vergine della Purità, nella cappella seguente, è d’Enrico Fiamengo; le quattro statue,<br />

due di marmo e due di stucco, per modello d’Andrea Falcone.<br />

La Cappella di San Ga<strong>et</strong>ano è tutta adornata di tabelle d’argento votive, di modo che non si vedono le<br />

mura; vi ardono molte lampadi d’argento, ed il suo altare corrisponde sopra del cimiterio ove il santo è sepellito<br />

col beato Giovanni Marinonio, [337] non distinguendosi l’ossa da altri corpi di venerabili padri teatini ivi<br />

sepolti.<br />

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