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1 Napoli città nobilissima, antica e fedelissima, esposta agli occhi et ...

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TAVOLA [X]: “Veduta del Largo del Castello. All’illustrissimo signor don Martino Castrejon, mastro di campo del Terzo Spagnolo di<br />

<strong>Napoli</strong>”.<br />

Del Castello di Sant’Erasmo, d<strong>et</strong>to Sant’Elmo, chiesa di San Martino, Vomero e borgo di Chiaja.<br />

§ XII. Domina questo castello tutta la <strong>città</strong>, e prende il nome da una chiesa ch’è in esso, di Sant’Erasmo<br />

o pure di San Elmo, che dalla divozione de’ soldati è stata abbellita alla moderna, ed ha il curato per le genti ivi<br />

abitanti; fuvi da’ Normanni <strong>antica</strong>mente fabricata una torre, d<strong>et</strong>ta Belforte, o picciolo castello; lo fortificarono i<br />

consiglieri di Stato nella venuta di monsù Lautrecco, e finalmente Carlo V, in forma esagona, lo rese fortissimo<br />

castello, munito d’artiglierie, con ponte altissimo, fossate incavate nel monte, ritirate, contramine e guernigione<br />

spagnuola; tiene una vasta cisterna, grande [122] quanto quasi tutto il castello, e si dice esservi una sotterranea<br />

cava, che corrisponde al Castel Nuovo; è monìto di polvere, ed ogni altro attreccio militare.<br />

Lì sotto giace il quanto bello tanto ricco monistero de’ cartusiani, d<strong>et</strong>to San Martino, ove non possono<br />

entrare le donne, essendovi una chiesa – con un quadro di Paolo Finoglia – fuori la clausura per esse; fondò il<br />

monistero Carlo Illustre duca di Calabria, in un luogo d<strong>et</strong>to Campanaro, compìto ed arricchito dalla reina<br />

Giovanna, e rifatto in fine con ogni polizia dal priore don Andrea Cancelliero; la chiesa tutta è di marmi<br />

finissimi commessi, inventati dal cavalier Fanzago; il pavimento, di fra Bonaventura Pr<strong>et</strong>i; e vi sono alcune<br />

statue non finite dal d<strong>et</strong>to cavaliere, che per disgusti havuti con i padri, e liti che ancora durano con gli di lui<br />

eredi, non si finirono. La volta, stuccata con fini stucchi ed oro, dipinta dal Lanfranco; la volta del coro, di<br />

Giuseppe d’Arpino, e finita da d<strong>et</strong>to Berardino Siciliano; la Crocefissione nel muro piano del [123] coro e gli<br />

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