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1 Napoli città nobilissima, antica e fedelissima, esposta agli occhi et ...

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seggio del nome del santo con questo, con cui s’unirono ancora i seggi di Melarii, Santo Stefano, Santi Apostoli<br />

e de’ Manocci; fa per impresa il cavallo sfrenato, dicono postoli il freno [381] da Corrado, quando prese a forza<br />

<strong>Napoli</strong>, col distico:<br />

Hactenus æffrenis, domini nũc par<strong>et</strong> habenis<br />

Rex domat hunc Equum Partenopensis Æquus.<br />

Vicino a d<strong>et</strong>to sedile è la cappella di San Paolo, già della famiglia Capece, oggi Bracaccia, e doppo,<br />

un’altra chiesa con la confraternità di Sant’Andrea e San Lorenzo, qui trasferita dal luogo ove si fece il Tesoro;<br />

avanti il sedile v’era un pozzo di marmo anche a’ miei tempi, di cui non appajono più vestigi, d<strong>et</strong>to anche<br />

Pozzo Bianco, e v’era nel vicolo la chies<strong>et</strong>ta del Monte della Misericordia; coroneremo questo quartiere con<br />

l’Arcivescovato.<br />

Su le rovine del falso Apollo, di cui anche ne appajono i vestigi in colonne – una delle quali fu donata a<br />

don Pi<strong>et</strong>ro d’Aragona e da esso a’ padri teatini, che alla porta picciola di San Paolo sta coverta – ed in capitelli,<br />

basi ed altre reliquie, che nel cavarsi per far le fondamenta del Tesoro si sono ritrovate, sta inalzata la Chiesa<br />

M<strong>et</strong>ropolitana di <strong>Napoli</strong>, che dal greco par [382] che anche ritenga il nome di Piscopio, e questa presso l’<strong>antica</strong><br />

chiesa di Santa Restituta, di cui diremo appresso; dicono alcuni che qui ancora fusse il Tempio di N<strong>et</strong>tuno.<br />

Secondo la più commune, in tempo degli Angioini, e sotto Carlo I, fu edificata questa basilica dalla<br />

divozione de’ napolitani, col disegno di Nicolò Pisano fiorentino, e terminata dal M<strong>agli</strong>oni, suo scolare.<br />

Sta ella in mezo a quattro torri, come una fortezza, fabricata alla gotica e consecrata alla Vergine<br />

Assunta. Da Alfonso I, con alcune famiglie nobili, del Balzo, Ursina, Caracciolo, Pignatelli, Zurla e Dura, de’<br />

quali n’appajono l’armi, fu riedificata, maltrattata dal terremoto del 1436;<br />

La piazz<strong>et</strong>ta avanti la porta fu fatta dal re Carlo II d’Angiò, e la d<strong>et</strong>ta porta maggiore, da Arcangelo<br />

Minutolo, arcivescovo e cardinale, come dall’iscrizione in l<strong>et</strong>tere longobarde su la stessa. La scultura di essa<br />

alla gotica, fu delle migliori di quei tempi, ed è meravigliosa per li tre stipiti [383] di marmo che la<br />

compongono, per la grossezza ed altezza; le due colonne di porfido erano dell’antico tempio; le fanno base due<br />

leoni ed alcune statue all’<strong>antica</strong>. L’archit<strong>et</strong>to fu l’abbate Antonio Bambocci da Piperno; ha da’ franchi due altre<br />

porte, che danno l’adito alla chiesa; entrati su la porta, vi sono 3 sepolcri qui trasportati dal Conte d’Olivares,<br />

essendo prima nella tribuna, tolti dal cardinal Gesualdo per rifarla, e dal d<strong>et</strong>to viceré, accioché non restassero i<br />

regii depositi senza onore, qui collocati, 202 e sono il re Carlo I, fondatore della chiesa, Carlo Martello re<br />

d’Ungheria, e Clemenza sua moglie, figlia dell’imperador Ridolfo I Austriaco, con le loro statue ed il seguente<br />

epitaffio:<br />

Carolo I. Andegavvensi Templi hujus extructori<br />

202 Editio princeps: collozati<br />

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