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1 Napoli città nobilissima, antica e fedelissima, esposta agli occhi et ...

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monistero di Santa Maria di Giesù; la chiesa è picciola, ma rimodernata con stucchi, e v’è un quadro di Santa<br />

Cecilia di Bernardo Cavallini. È fondato il monistero sul d<strong>et</strong>to palazzo di Conca, di cui anche vi sono l’armi,<br />

qual palazzo era fabricato su le mura antiche della <strong>città</strong>; fanno la regola di san Francesco.<br />

Dirimp<strong>et</strong>to, poco più avanti, vi è il monistero di San Giovannello, ha[200]vendo tutte le chiese quasi di<br />

<strong>Napoli</strong> i diminutivi per distinzione delle maggiori; onde l’Annunziata ha l’Annunziatella, lo Spirito Santo lo<br />

Spirito Santello, San Nicolò San Nicolello, il Carmine il Carminello, ed altre assai; lo che diede occasion di<br />

dire, forse ad un forastiere, che le chiese di <strong>Napoli</strong> haveano partorito – sia d<strong>et</strong>to questo per ischerzo –. Fu il<br />

d<strong>et</strong>to monistero fondato da Francesco del Balzo per la sua famiglia, che qua trasferì da Capua le monache per<br />

non esser quella buona aria, e fu inalzato sul palazzo del già regente Davide, havendo l’uso d’un torrione della<br />

<strong>città</strong>. Vivono sotto la str<strong>et</strong>ta regola di san Domenico.<br />

La chiesa è rifatta col disegno di Francesco Picchiatti, né vi manca se non terminarsi la parte della strada<br />

ove viene la porta grande; è nobilitata di stucchi e quadri; quello dell’altar maggiore, adorno di marmi, del<br />

Giordano; la Coronazione della Vergine, del Massimo; l’Annunziata, di Francesco di Maria; quello della parte<br />

dell’Epistola, del Perugino; la Ver[201]gine con San Giovanni Battista bambino, del Balducci; ha sontuosissimi<br />

apparati. Dirimp<strong>et</strong>to v’è quello della Sapienza, fondato là dove il cardinal Oliviero Carafa volea far gli Studii,<br />

poi dato alle monache che erano fuori di <strong>Napoli</strong>, nel 1507; fondato il monistero da Giovanni Latro, Giovanni<br />

Pi<strong>et</strong>ro e Marino Stendardi; er<strong>et</strong>to sotto l’istituto francescano, ma essendovi passata Maria Carafa, sorella del<br />

pontefice Paolo IV, de’ quali vi sono l’effigie nel prosp<strong>et</strong>to con motto “Sapientia ædificavit sibi domum”,<br />

hebbe per dispensa che si mutasse in domenicano, sotto la cura de’ padri teatini; in questo si ritirorono più dame<br />

principali, come Cassandra, moglie d’Alfonso Castrioto marchese della Tripalda, celebrata dal Sannazaro; due<br />

Marie Madalene: Carafa una, vidua del Duca d’Andria e madre del padre Vincenzo generale de’ gesuiti, che<br />

morì con opinione di santità, e vi si conserva incorrotto il corpo; l’altra, uscendone, fondò il monistero di<br />

B<strong>et</strong>telemme, Duchessa della Cersa.<br />

La chiesa fu er<strong>et</strong>ta col disegno [202] del padre Grimaldi, teatino. Il dipinto a fresco è di Belisario già<br />

vecchio; i quadri ad oglio, di diversi napolitani: quegli dell’Epistola, del Gargiulo, d<strong>et</strong>to Micco Spataro;<br />

dell’Evangelio, del Massimo; la Disputa di Cristo con i dottori, la Natività e Concezzione della Vergine, del<br />

Lama; i laterali dell’altar maggiore, di Giacomo Manecchia; l’altare composto di varii marmi, ov’è una custodia<br />

d’argento del Vinaccia; le reliquie sono del legno della Croce; capelli della Vergine; de’ santi Apostoli ed<br />

Evangelisti, fuor che san Pi<strong>et</strong>ro; di san Giovanni Battista ed altre; donatele, d<strong>et</strong>te reliquie, dal pontefice Paolo<br />

IV; la facciata e scalinata sono disegno del Fanzago.<br />

Vicina alla Porta di Costantinopoli vi è il conservatorio e chiesa di Maria Vergine, di tal nome; fu la<br />

porta trasportata a tempo di Carlo V da don Pi<strong>et</strong>ro di Toledo viceré, essendo la d<strong>et</strong>ta Donn’Orsa. La chiesa,<br />

edificata per voto della <strong>città</strong>, fatta salva dalla pestilenza dell’anno 1526, come si vede dall’iscrizzione che dice<br />

“Ob urbem à peste servatam”, per una imagine della Vergine che salvò [203] Costantinopoli dall’incendio,<br />

dipinta in un muro, copia di quella che dicono esser in Costantinopoli fatta da san Luca; a caso, per rivelazione,<br />

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