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1 Napoli città nobilissima, antica e fedelissima, esposta agli occhi et ...

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Comincia poi il borgo, che ha diverse comode case, e diviso da una larga strada. Dalla parte di dentro<br />

èvvi la chiesa di Sant’Arcangelo d<strong>et</strong>to ad Arena, perché prima era sul lido, ristaurata dalla communità de’<br />

gipponari e fatta par<strong>occhi</strong>a del borgo dal cardinal Gesualdo. Passando avan[254]ti v’è il conservatorio degli<br />

orfani consacrato a Santa Maria di Lor<strong>et</strong>o, fondato da Giovanni di Tapea spagnuolo, con elemosina de’<br />

napolitani; è governato il luogo dal presidente del Sacro Regio Conseglio e sei popolani, e sono eruditi i<br />

figliuoli da’ padri somaschi, apprendendo l<strong>et</strong>tere umane e musica, e ne sono usciti famosissimi musici. Più<br />

avanti è la Regia Cavallerizza, ove sono le stalle per li cavalli del re, ultimamente dismessa; il luogo è capace<br />

per molta cavalleria, e vi è una stanza grande coperta per addotrinarli.<br />

È poi il Ponte famoso della Madalena, così d<strong>et</strong>to per una chiesa dedicata alla santa, er<strong>et</strong>ta da confrati,<br />

poi de’ domenicani, che la lasciorono per non esservi commodità da sostenersi nel numero opportuno.<br />

Che questo fusse il Ponte Guizzardo, o Quizzardo, o Licciardo, io lo stimo una favola, essendo un<br />

miglio lontane, presso San Giovanni a Teduccio, ove si pongono i cadaveri degli appiccati, portati, il Lunedì<br />

Santo e giorno de’ Morti, a sepelire dalla compagnia de’ Bianchi e padri capuccini; che [255] fusse fatto dan<br />

don Berardino di Mendozza governatore e luogotenente del Regno, appare da una iscrizzione in marmo, e di<br />

qual denaro fusse la fabrica fatta; è meraviglioso per gli archi di piperno, e la meraviglia de’ forastieri è ch’un sì<br />

gran ponte sia fatto per un sì picciol fiume che li passa sotto, cioè il picciol Seb<strong>et</strong>o, come dice il Sanazzaro: “Il<br />

bel Seb<strong>et</strong>o accolto in picciol fluvio”.<br />

Che questo siasi il vero Seb<strong>et</strong>o, e non già il Sabato, come altri dissero, non è da dubbitare, così per<br />

l’autorità di tutti gli antichi e moderni, come per la tradizione giunta a’ nostri giorni, come anche per li marmi<br />

ritrovati e riferiti dal Falco; onde non so che fine havesse chi volle persuaderne il contrario.<br />

Girando per la Cavallerizza per l’Arena, si ritrova la chiesa di Santa Maria delle Grazie d<strong>et</strong>ta delle<br />

Paludi, ove stava udendo messa Alfonso, quando fu ucciso da una cannonata don Pi<strong>et</strong>ro il fratello. Andando<br />

verso la <strong>città</strong>, v’è il diruto Palazzo del marchese di Vico Caracciolo, d<strong>et</strong>to 180 degli Spiriti, di cui si raccontano<br />

molte cose, [256] ma più tosto favole; era già una casa di delizie dipinta dal Salerno, con giardini fontane,<br />

giuochi d’acque e quanto poteasi desiderare, come si cava da un marmo rotto che si vede mezo sotterrato, e<br />

dice:<br />

Hic Antonius Caracciolus Vici Marchio, & Cæsaris à latere Consiliarius<br />

Has genio Aedes, Gratijs ortos, Nimphis fontes<br />

Nemus Faunis & totius loci venustatem Seb<strong>et</strong>o, & Sirenibus dedicavit.<br />

Ad vitæ oblectamentum, & secessum, & perp<strong>et</strong>uam Amicorū iucūditatem.<br />

MDXXXVIII.<br />

Oggi è rovinato il palazzo, ed il giardino è serr<strong>agli</strong>o per gli animali da macellarsi, e parte ort<strong>agli</strong>a.<br />

180 Editio princeps: d<strong>et</strong>tto.<br />

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