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1 Napoli città nobilissima, antica e fedelissima, esposta agli occhi et ...

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Giovanna II nel 1425 eresse le mura dalla parte della Dogana del Sale, sino alla Strada delle Corregge.<br />

Ferrante I cominciò le mura di piperno, che oggi si vedono con le torri, sino a San Giovanni a Carbonara, ma<br />

non finille, nel 1484.<br />

Ed ultimamente, sotto Carlo V imperadore, don Pi<strong>et</strong>ro di Toledo viceré, nel 1537, transportando le porte<br />

Reale, di Costantinopoli e San Gennaro, ampliò e terminò le mu[28]ra con torri quadre, e tolse la Porta a<br />

Carbonara, ove poi, rotto il muro, si è fatto un ponte per uscir fuori dalla <strong>città</strong>, d<strong>et</strong>to Nuovo. Rifece le mura<br />

dalla parte del mare; transferì le porte del Caputo, e Zoccolari; ampliò il Molo Piccolo; e transferì la chiesa ed<br />

ospedale di San Nicolò dove oggi si ritrova, alla Dogana. Oggi più che mai non si cessa d’ampliare,<br />

particolarmente ne’ borghi, quali sono il primo di Sant’Antonio di Vienna, d<strong>et</strong>to del Fuoco; il secondo delle<br />

Vergini, e questo così grande che può formare più <strong>città</strong>, estendendosi dalla Montagnola, Santa Maria della<br />

Stella, Mater Dei, Sanità, Sant’Efremo Nuovo de’ cappuccini, fuori la Porta dello Spirito Santo, Porta Medina,<br />

sino alla Cesàrea, essendo questi uno e non più borghi, benché vi sia chi ne faccia due, come il Capaccio,<br />

dividendo quello delle Vergini da quello di Santa Maria di Costantinopoli, d<strong>et</strong>to anche Olimpiano; l’altri sono<br />

di Santa Maria di Lor<strong>et</strong>o, di Chiaja, di Santa Lucia. Di perf<strong>et</strong>tissima aria sono la maggior parte di d<strong>et</strong>ti borghi,<br />

particolarmente quello di Chiaja e Santa Lu[29]cia, e nella parte sollevata di quello delle Vergini resi adorni di<br />

palagi ed abitazioni, che possono formare altre tante famosissime <strong>città</strong>; tutti popolatissimi.<br />

Dello stato politico della <strong>città</strong> di <strong>Napoli</strong>, che serve per governo di tutto il Regno, come capo di esso.<br />

§ V. Non ci è dubbio alcuno che questa <strong>città</strong> fusse da’ suoi principj greca, e così vi si parlasse, benché vi<br />

sia chi anche osca l’appelli; ad ogni modo, che la lingua greca vi si parlasse, l’affermano molti vocaboli che<br />

ancora durano, de’ quali fa graziosa menzione il Capaccio nel suo Forastiero; si mischiò poi con la latina, e<br />

divenne così grata a Pompeo che volle apprenderla; col dominio, poi, de’ longobardi, goti ed altre nazioni, si è<br />

andato sempre facendo un miscuglio di tante, ritrovandosi in essa, di tutte le d<strong>et</strong>te nazioni, vocaboli,<br />

amm<strong>et</strong>tendosene alla giornata, [30] benché dalla gente l<strong>et</strong>terata vi si professi con polizia la toscana, restata sola<br />

la bassa nativa alla plebbe.<br />

Sin dal suo principio par che si fusse r<strong>et</strong>ta da republica, o sia <strong>città</strong> libera, eliggendosi i demarchi, arconti,<br />

ageronomi, diec<strong>et</strong>i, frontisti, 10 grammatisandi, quinquennali, agonat<strong>et</strong>i, ed altri nomi di officj grechi, che poi,<br />

sotto il dominio latino, si mutarono o si unirono con li decurioni e decemviri. Seguirono poi i duci, che<br />

governorono con dominio aristocratico. Non si sa però come a tempo di Diotimo, qua giunto da Atene, che vi<br />

celebrò i giuochi presso il sepolcro di Partenope, si governasse, se come republica, e se, al tempo delle<br />

Partenopi, queste come regine la possedessero, come anche di Falero e degli altri, restando ciò con tante altre<br />

cose sepellite nell’oblivione.<br />

10 Come da errata corrige. Editio princeps: Dieonc<strong>et</strong>i, Frtisti.<br />

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