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1 Napoli città nobilissima, antica e fedelissima, esposta agli occhi et ...

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Il Cristo dell’altare maggiore è [195] copia dell’imagine che si adora in Lucca; il monistero è grande,<br />

con un grande formale, ò sia conserva d’acqua freddissima.<br />

Poco più avanti è la chiesa e convento di San Pi<strong>et</strong>ro a Maiella, d<strong>et</strong>to già di Santa Caterina, ov’erano<br />

domenicani che passarono a Santa Caterina a Formello. I padri sono celestini di san Pi<strong>et</strong>ro di Murone, d<strong>et</strong>to<br />

Celestino pontefice, che rinunciò il papato in <strong>Napoli</strong>. Fu la chiesa fondata da Pipino da Barl<strong>et</strong>ta, che da nodaro<br />

giunse a’ primi gradi presso Carlo II Angioino. La porta di marmi fu fatta per voto da donna Giovanna Zunica<br />

principessa di Conca; fatta con disegno gotico, ma rimodernata dall’abbate Campana. La soffitta, posta in oro,<br />

ha le tele del cavalier Pr<strong>et</strong>i, d<strong>et</strong>to il Calabrese; alquanto offesa da un fulmine, si ristorò; il dipinto a fresco di<br />

Nunzio Rosso, che morì nell’<strong>et</strong>à di 20 anni; l’altare di marmi è fatto ad imitazione di quello di San Severino,<br />

molto bello.<br />

Nella cappella a man sinistra v’è una statua di San Sebastiano di Giovanni Merliano; lo Sponzalizio di<br />

santa [196] Caterina è del Criscolo, e la tavola similmente, dell’altra cappella, della Vergine con sant’Andrea e<br />

san Marco evangelista.<br />

Nella Cappella degli Spinelli di Giovinazzo v’è una testa <strong>antica</strong> d’Ottaviano imperatore. Nella sacristia<br />

vi sono molte 155 reliquie e, fra l’altre, un dito di santa Caterina vergine e martire; un dente di santa Apollonia;<br />

un osso di san Biagio; un altro di san Pi<strong>et</strong>ro Celestino, riposto in argento, con la mitra, una croc<strong>et</strong>ta di legno che<br />

portava in p<strong>et</strong>to, e molte reliquie: le scarpe, la stola, il manipolo ed altro. Vi è il corpo intiero del beato<br />

Bened<strong>et</strong>to de Julianis, morto nel 1511, incorrotto. Il chiostro è rifatto alla moderna, e si sta facendo alla<br />

moderna la porta di esso.<br />

Attaccata a questa è la chiesa della Redenzione de’ Cattivi, fondata da una compagnia di divoti per<br />

liberare i poveri schiavi christiani da’ turchi, che da San Domenico, ove prima era, qua trasferissi. Il quadro<br />

dell’altare, della Vergine della Redenzione, è del cavalier Farelli; le rendite di d<strong>et</strong>ta casa giungono a docati<br />

[197] 8000, che si spendono nella liberazione da schiavitudine.<br />

Discendendo verso Santa Chiara v’è il nobile ed antico monistero di San Sebastiano; fu già chiesa de’<br />

basiliani, edificata da Costantino il Grande, e poi concessa da un doce della Republica a’ d<strong>et</strong>ti padri, quando fu<br />

concesso San Nicandro e Marciano alle donne della famiglia di Santa Patrizia; e vi furono poi i padri<br />

benedittini, che vi passarono da San Pi<strong>et</strong>ro in Castello dell’Ovo, concesso quello di San Pi<strong>et</strong>ro alle monache,<br />

che poi, saccheggiato il castello, qua passarono e unirono il nome di San Pi<strong>et</strong>ro con San Sebastiano, come<br />

anche s’unirono con le monache della regione forcellense, basiliane di San Sergio e Bacco, che con dispenza<br />

pontificia passarono al rito domenicano. Ancora, per l’antico possesso di San Pi<strong>et</strong>ro a Castello, ha giurisdizione<br />

il monistero sopra la pesca del mare, esigendone non so che dritti, e fa per insegna le chiavi per il d<strong>et</strong>to<br />

monistero di San Pi<strong>et</strong>ro, e le sa<strong>et</strong>te per San Sebastiano. Qui si racchiuse Teodora di [198] Durazzo, poi che 156<br />

chiuse gli <strong>occhi</strong> al re Ladislao, facendovi osservare esattamente la regola del terz’ordine di san Domenico,<br />

155 Editio princeps: molto.<br />

156 Editio princeps: poiche.<br />

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