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Documento PDF - UniCA Eprints - Università degli studi di Cagliari.

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<strong>di</strong> un solo elementare istinto figurativo, ma anche e<br />

contemporaneamente <strong>di</strong> tutti gli approfon<strong>di</strong>menti strutturali, della<br />

valutazione unitaria <strong>di</strong> tutti gli attributi formali, costruttivi e <strong>di</strong>stributivi<br />

dell'opera, lo schizzo architettonico è spesso costituito da un insieme<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>segni, nei quali tutti gli aspetti più importanti dell'opera sono presi<br />

in esame, ed esplorati attraverso il <strong>di</strong>segno 26 .<br />

Spesso infatti, in un singolo foglio, gli schizzi si affollano e si<br />

sovrappongono, esplicando le successive metamorfosi dell'idea e i<br />

molteplici passaggi che congiungono pochi segni concettuali <strong>di</strong><br />

partenza a figure più complesse che si avvicinano gradualmente alla<br />

forma finale. Più aspetti e visuali dell'opera sono immortalate in<br />

rapide sequenze o in <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>nate composizioni <strong>di</strong> intuizioni<br />

grafiche (figure dalla 55 alla 59).<br />

Il <strong>di</strong>segno, in questo suo particolare aspetto, si configura dunque<br />

come primo, naturale ed istintivo, concretizzarsi dell'idea del<br />

progettista, <strong>di</strong> un'idea che esiste in forma astratta nella sua mente<br />

e si può esprimere soltanto attraverso l'intimo segno grafico<br />

dell'autore. Così lo descrive Franco Purini:<br />

«Lo schizzo è l'irruzione improvvisa, nel mondo, <strong>di</strong> una decisione<br />

che prende forma dopo un'elaborazione lenta e misteriosa. Come<br />

attraversata da una scarica elettrica la mano, in una identità<br />

assoluta con la mente, traccia sul foglio alcuni segni che sono né<br />

più né meno che l'idea. Un'idea che molto <strong>di</strong>fficilmente potrà<br />

essere mo<strong>di</strong>ficata nei suoi tratti fondamentali. Io continuo a<br />

cercare le idee in questo modo, ricordando che tali idee sono già<br />

virtualmente presenti in quell'a priori inverato in <strong>di</strong>segni<br />

teorici...» 27 .<br />

Senza il contatto fisico <strong>di</strong>retto col segno, e cioè<br />

senza quella continuità tra la mente e la matita,<br />

<strong>di</strong> cui ho parlato nel secondo capitolo, non<br />

sarebbe possibile affidare la propria opera<br />

grafica alla gestualità del corpo, e il tradursi<br />

delle forme pensate in <strong>di</strong>segni non riuscirebbe<br />

ad interpretare i veri sentimenti che muovono il<br />

progetto. I progettisti dello <strong>stu<strong>di</strong></strong>o viennese<br />

Coop himmelb(l)au, ad esempio, nel caso del<br />

progetto per una casa a Malibu (figura 60),<br />

hanno <strong>di</strong>chiarato che<br />

«il progetto è venuto fuori da uno schizzo <strong>di</strong>segnato ad occhi<br />

chiusi dove la mano agisce come un sismografo, registrando quei<br />

sentimenti che creano lo spazio» 28 .<br />

Alessandro Anselmi sostiene che oggi, che abbiamo a<br />

<strong>di</strong>sposizione il computer, lo schizzo a mano assume un'importanza<br />

ancor maggiore, perché il nuovo strumento non è ancora riuscito a<br />

sostituirsi a quello manuale in questo particolare momento del<br />

<strong>di</strong>segno e l'intuizione ideativa continua ad esprimersi come è<br />

sempre stato. Tuttavia egli riconosce al <strong>di</strong>segno <strong>di</strong>gitale, nelle sue<br />

varie forme <strong>di</strong> <strong>stu<strong>di</strong></strong>o del progetto, che cioè non sono ancora<br />

168<br />

60. Coop<br />

Himmelb(l)au, progetto<br />

per una casa<br />

monofamiliare, Malibu,<br />

Usa, 1983<br />

60

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