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Documento PDF - UniCA Eprints - Università degli studi di Cagliari.

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<strong>di</strong>segno entrano in relazione con l'atto progettuale, <strong>di</strong>alogando<br />

attivamente con esso.<br />

Il <strong>di</strong>segno <strong>di</strong>venta un'espressione molto personale dell'architetto<br />

che, grazie ad esso, riesce a comunicare in modo efficace le sue<br />

idee. Nelle sue manifestazioni più autografe ed espressive il<br />

<strong>di</strong>segno si configura anche come un fatto istintivo e gestuale. E<br />

forse è proprio per l'affievolirsi del rapporto fisico con lo strumento,<br />

che non si riesce a riconoscere al <strong>di</strong>segno <strong>di</strong>gitale le stesse facoltà<br />

<strong>di</strong> quello manuale.<br />

Infatti, come fa notare il Giordano, nel caso del <strong>di</strong>segno <strong>di</strong>gitale, il<br />

computer sembra eseguire i coman<strong>di</strong> dell'operatore trascurando le<br />

imprecisioni della mano. Produrre <strong>di</strong>segni al computer richiede<br />

nuove e più complesse competenze tecniche e teoriche. La<br />

struttura matematica, che rappresenta il <strong>di</strong>segno nel linguaggio<br />

<strong>di</strong>gitale, manca <strong>di</strong> imme<strong>di</strong>ata comprensibilità, e dunque resta<br />

un'inquietante zona d'ombra, nel passaggio dell'idea al computer e<br />

poi nel passaggio della memoria al video: il messaggio, accolto ed<br />

elaborato dalla macchina, rimane opaco persino al suo creatore.<br />

Pur essendo aumentate la capacità e la velocità <strong>di</strong><br />

rappresentazione, tanto da poter <strong>di</strong>segnare qualunque cosa:<br />

«l'atto creativo è reso astratto, ripulito da ogni sbavatura, dallo<br />

stesso computer che assume così il pesante surplus dell'attività<br />

mentale, apparendoci <strong>di</strong> fatto come un'esteriorizzazione della<br />

mente».<br />

E lo stesso autore prosegue <strong>di</strong>cendo che quella zona oscura che<br />

esiste tra il messaggio, inserito nella macchina, che quin<strong>di</strong> esiste<br />

all'interno del computer nella forma co<strong>di</strong>ficata <strong>di</strong> un insieme<br />

complesso <strong>di</strong> bits, e l'operatore, forse, costituisce l'elemento<br />

veramente nuovo: la forma rappresentativa in cui è tradotto il<br />

<strong>di</strong>segno, ignota allo stesso autore, può probabilmente essere<br />

identificata come la “forma simbolica” del nostro tempo 39 .<br />

Abbiamo <strong>di</strong>scusso ampiamente <strong>di</strong> questa questione, parlando <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>segno-immagine nel secondo capitolo, e la constatazione finale<br />

è stata quella <strong>di</strong> vedere un <strong>di</strong>segno che sembra perdere il suo<br />

ruolo formativo dell'idea progettuale, per nascondersi, appunto,<br />

nella veste numerica dell'intimo linguaggio informatico. Se<br />

dunque si riuscirà ad acquisire consapevolezza dei nuovi<br />

strumenti, rendendoli effettivamente sottomessi alle nostre<br />

scelte, e controllabili dalla nostra prefigurazione, allora si potrà<br />

affermare <strong>di</strong> avere recuperato il controllo sul <strong>di</strong>segno, e <strong>di</strong> avergli<br />

restituito nuovi compiti espressivi nella rappresentazione del<br />

progetto.<br />

È certo che i nuovi mezzi non possono sostituire completamente<br />

quelli vecchi, perché l'imme<strong>di</strong>atezza e la materialità del segno<br />

manuale è una necessità imprescin<strong>di</strong>bile per l'architetto. Per<br />

confermare questo fatto riporto un'interessante <strong>di</strong>scorso <strong>di</strong> Zaha<br />

Ha<strong>di</strong>d sul ruolo assunto dagli strumenti <strong>di</strong> progettazione:<br />

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