Documento PDF - UniCA Eprints - Università degli studi di Cagliari.
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meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> progettazione tra<strong>di</strong>zionali, che in molti casi non sono più<br />
adatti a gestire la crescente complessità richiesta dall'architettura.<br />
È solo quando nel metodo progettuale si fondono veramente i<br />
concetti liberati dalle potenzialità della macchina informatica, che il<br />
processo <strong>di</strong>venta non completamente figurabile. Le operazioni <strong>di</strong><br />
mo<strong>di</strong>fica sul progetto vengono reiterate continuamente sulla base<br />
dei “controlli interme<strong>di</strong>” attuati sull'immagine. Sino a pervenire alla<br />
forma ottimale, che nessun progettista è sicuramente in grado <strong>di</strong><br />
immaginare totalmente dall'inizio alla fine.<br />
È qui che entra in gioco il concetto <strong>di</strong> casualità: e cioè nel<br />
momento in cui il progettista non è più in grado <strong>di</strong> comprendere<br />
completamente le trasformazioni formali indotte dallo strumento<br />
<strong>di</strong>gitale sulla sua creazione, poiché la visualizzazione della<br />
variazione è <strong>di</strong>scontinua e appartiene ad un momento successivo.<br />
Questo <strong>di</strong>segno pertanto ha un certo valore <strong>di</strong> inconsapevolezza.<br />
Gli elementi <strong>di</strong> sorpresa che scaturiscono da questo mancato<br />
controllo, vengono spesso accolti dagli architetti come vali<strong>di</strong> spunti<br />
<strong>di</strong> elaborazione, da cui ripartire, riportando così il potere<br />
decisionale in mani umane. Nelle nuove tecniche <strong>di</strong> composizione<br />
<strong>di</strong>gitali, le infinite possibilità <strong>di</strong> incorrere in elementi casuali, e cioè<br />
non prefigurati, conferiscono al processo progettuale, come<br />
afferma Patrik Schumacher, una “produttiva indeterminatezza” 66 .<br />
Uno <strong>degli</strong> architetti più rappresentativi dell'era <strong>di</strong>gitale, che<br />
<strong>di</strong>chiaratamente lascia entrare la casualità nel suo metodo<br />
progettuale, è Ben van Berkel <strong>di</strong> UN Stu<strong>di</strong>o. Dai primi <strong>di</strong>segni<br />
manuali <strong>degli</strong> anni Ottanta alle elaborazioni <strong>di</strong>gitali che<br />
caratterizzano la produzione dagli anni Novanta, il suo lavoro<br />
compositivo si muove senza gerarchie, secondo concetti <strong>di</strong> flui<strong>di</strong>tà<br />
e defigurazione. A proposito della casualità nel suo processo<br />
compositivo, van Berkel <strong>di</strong>ce che<br />
«durante il processo ideativo, quando un evento inaspettato o un<br />
imprevisto entra nell'organizzazione o nella sperimentazione del<br />
modello che stiamo realizzando, gli permetto <strong>di</strong> accedere solo<br />
quando esso arricchisce e migliora il progetto stesso» 67 .<br />
Un ulteriore elemento <strong>di</strong> <strong>di</strong>alettica tra controllo e casualità, che<br />
contrad<strong>di</strong>stingue il ruolo del <strong>di</strong>segno, è inoltre introdotto dalla<br />
pratica <strong>di</strong>ffusa negli <strong>stu<strong>di</strong></strong> <strong>di</strong> progettazione <strong>di</strong> demandare l'atto del<br />
<strong>di</strong>segno ad operatori CAD, che spesso non hanno la stessa<br />
cultura progettuale dell'architetto 68 . Questo modo <strong>di</strong> lavorare può<br />
essere indotto da una scarsa confidenza del progettista con con<br />
gli strumenti informatici, sempre in continua evoluzione, e anche<br />
dalla necessità <strong>di</strong> gestire contemporaneamente molti processi<br />
grafici, inerenti lo stesso progetto o più progetti. I risultati a cui<br />
pervengono i vari operatori coinvolti, dunque, portano al vaglio<br />
dell'architetto ulteriori apporti da lui non controllati <strong>di</strong>rettamente.<br />
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