Dispense del corso di Elementi di Fisica della Materia - Skuola.net
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6.1. ELEMENTI DI MECCANICA QUANTISTICA 103<br />
che è in totale accordo con i dati sperimentali. Inoltre, da questi si potè poi<br />
ricavare una prima stima <strong>del</strong> valore <strong>di</strong> h. Alcune conseguenze <strong>del</strong>l’ipotesi <strong>di</strong><br />
Planck:<br />
• L’esponente h<br />
KT vale 10−13 Hz −1 a temperatura ambiente T 300 K.<br />
Di conseguenza, per ra<strong>di</strong>azioni con ν ll10 13 Hz (ossia fino al visibile<br />
quasi) si può sviluppare in serie exp(hν/KT ) 1 + hν/KT e dalla<br />
relazione <strong>di</strong> Planck si ritrova quella classica <strong>di</strong> Rayleigh-Jeans.<br />
• L’integrale su tutte le frequenze <strong>del</strong>la relazione <strong>di</strong> Planck conduce alla<br />
relazione E = σT 4 , nota come legge <strong>di</strong> Stefan-Boltzmann, σ è la costante<br />
<strong>di</strong> Stefan, in ottimo accordo con i dati sperimentali: la densità<br />
<strong>di</strong> energia <strong>del</strong>la ra<strong>di</strong>azione elettromag<strong>net</strong>ica all’equilibrio in una cavità<br />
è proporzionale alla quarta potenza <strong>del</strong>la temperatura assoluta.<br />
• Calcolando il massimo <strong>del</strong>la relazione <strong>di</strong> Planck in funzione <strong>del</strong>la frequenza,<br />
si deduce la relazione νmax ∝ T , ossia la legge <strong>del</strong>lo spostamento<br />
<strong>di</strong> Wien.<br />
L’ipotesi <strong>di</strong> Planck segnò l’ingresso trionfale nella scena <strong>del</strong>la fisica <strong>del</strong>l’ipotesi<br />
<strong>di</strong> quantizzazione, che poi <strong>di</strong>lagherà in tutti i campi <strong>del</strong>la fisica <strong>del</strong> 1900,<br />
sfociando in una teoria completa, la meccanica quantistica.<br />
6.1.3 Effetto fotoelettrico<br />
Un altro fenomeno in cui la quantizzazione si rivelò essere decisiva è l’effetto<br />
fotoelettrico. Esso consiste nell’emissione <strong>di</strong> elettroni da metalli su cui incide<br />
una ra<strong>di</strong>azione elettromag<strong>net</strong>ica, solitamente luce. L’evidenza sperimentale<br />
ha condotto all’esistenza <strong>di</strong> una frequenza <strong>di</strong> taglio ν0: ra<strong>di</strong>azione al <strong>di</strong> sotto<br />
<strong>di</strong> tale frequenza non riusciva ad estrarre elettroni dal metallo, qualunque<br />
ne fosse l’intensità. Inoltre, una volta al <strong>di</strong> sopra <strong>di</strong> tale frequenza, l’energia<br />
degli elettroni emessi <strong>di</strong>pendeva in modo lineare dalla frequenza. Il tutto è<br />
inconcepibile secondo la teoria classica, nella quale l’energia <strong>di</strong> una ra<strong>di</strong>azione<br />
elettromag<strong>net</strong>ica <strong>di</strong>pende dalla sua intensità, la quale a sua volta non<br />
<strong>di</strong>pende dalla frequenza. Einstein nel 1905 formulò una spiegazione ipotizzando<br />
la quantizzazione <strong>del</strong>la ra<strong>di</strong>azione, ossia <strong>del</strong> campo elettromag<strong>net</strong>ico<br />
libero (Planck aveva quantizzato i soli scambi <strong>di</strong> energia <strong>del</strong>la ra<strong>di</strong>azione all’interno<br />
<strong>di</strong> una cavità, ossia quella stazionaria). Di conseguenza il campo<br />
elettromag<strong>net</strong>ico è quantizzato, e i suoi quanti, <strong>di</strong> energia hν, sono detti fotoni.<br />
L’intensità <strong>del</strong>la ra<strong>di</strong>azione è quin<strong>di</strong> proporzionale al numero <strong>di</strong> fotoni.<br />
In base a questa ipotesi per la quale vincerà poi il premio Nobel, Einstein<br />
spiegò completamente l’effetto fotoelettrico. Difatti, in ogni metallo esiste