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MiniaturizzareL’idea di realizzare figurini umani o plastici di mondi in miniatura sembra sia stata sempre ins<strong>it</strong>a nellanatura umana: se ne trovano tracce nella Preistoria e nelle grandi Civiltà del passato, ne hanno lasciatoesempi gli Egizi e i Romani, che realizzarono miniature arch<strong>it</strong>ettoniche o legate a giochi infantili o ar<strong>it</strong>uali sacri (i Penati dei romani). <strong>Qui</strong> mi fermo per non allargare troppo il discorso. Dopo la lunganotte culturale, dovuta allo sfacelo dell’Impero Romano d’Occidente, solo dopo il fatidico Anno Milleabbiamo una rinasc<strong>it</strong>a, legata alla sacral<strong>it</strong>à cristiana, con un esempio clamoroso nel Presepe, nato,prima come realizzazione in scala 1:1 dovuta a S. Francesco d’Assisi, a Greccio (Rieti) nel 1226 circa, esolo poi sviluppatosi come realizzazioni in creta o legno e pian piano minia-turizzato e giunto sino anoi grazie all’idea di S. Gaetano di Thiene di inserire delle figure “secondarie” e alla scuola romana delXVII secolo (S. Maria in Aracoeli) ed alla maestria della Scuola Napole-tana con capolavori solooffuscati da clamorose cadute di stile, dovute all’esuberanza tutta partenopea (sto pensando ad unPrese-pio con Maradona o le Lecciso)…! Miniaturizzare è stato poi gran vanto di Maestri artigianiEuropei: ricordiamo per tutti i Pupi Sici-liani, le marionette e i giocattoli meccanici di Norimberga.Nasce il plastico modernoCon i primi esperimenti nelle miniere di guida su rotaie (prima di legno e poi in ferro) e nelle c<strong>it</strong>tà deiprimi tram trainati da cavalli, l’altissima Nobiltà della fine Settecento fece realizzare nei propriimmensi giardini, anche delle rudimentali ferrovie giocattolo per il sollazzo dei loro altrettanto nobiliRampolli, con rotabili trainati da una corda. Ma si dovrà attendere quasi un secolo per avere de<strong>it</strong>renini a molla Märklin e ancor più per quelli elettrici nelle case, certamente comunque di gente moltofacoltosa. Agli inizi, a causa dei modelli in grande scala e dei loro grossi motori, la tensione, regolatacon un reo-stato era eguale a quella della rete! Quando perciò venivano allon-tanati i trenini elettrici,sul binario si scaricava la 110 o la 220 (!), non consentendo di certo un uso facile a ragazzi vivaci! Poicon lo sviluppo della tecnologia si riuscì a portare la tensione a livelli più innocui, fino a raggiungerenel 1926 i 20 volt. Io comunque provai svariate volte la fastidiosa scossa, con quella tensione piùbassa, a 4 anni, col mio primissimo trenino Bub regalatomi da mio padre nel lontano 1954. Venti voltdi certo non sono pericolosi, ma riuscivano a sprigionare scintille pruriginose ed a fondere la plastica(o bachel<strong>it</strong>e?) del trasformatore, alimentato con 125 volt di rete, tensione normale negli anniCinquanta nelle case romane. Nella foto 010 la mia locomotiva BUB a due assi, un modello del 1935 difantasia, con inversione di marcia manuale, con una levetta rossa, poiché funzionava e funzionatutt’ora dopo 53 anni (2007), in corrente alternata; nella foto 011 alcuni vagoncini di latta foto incisa etagliente, perché le regole antin-fortunistiche odierne per l’infanzia erano del tutto sconosciute mezzosecolo e passa fa.188

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