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Consiglio Nazionale dell'Economia e del Lavoro - Formez

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professioniste, più che raddoppiate: in dieci anni sono passate infatti da 120<br />

mila a 288 mila. Una crescita più contenuta ma significativa c'è stata per le<br />

socie di cooperative di produzione, che hanno oltrepassato le 70 mila unità.<br />

Sono invece diminuite nettamente, e questa è l’altra faccia <strong>del</strong> cambiamento,<br />

sia le lavoratrici in proprio che le coadiuvanti: le prime di oltre il 14% e le<br />

seconde di oltre il 18%, per un totale di 240 mila lavoratrici indipendenti in<br />

meno, sempre nell’arco di dieci anni.<br />

L’immagine che si ricava è dunque quella di un mutamento interno al<br />

lavoro autonomo, che ha interessato soprattutto la componente femminile e<br />

che è caratterizzato dalla crescita dei profili ad alta professionalità, come<br />

mostra appunto l’aumento <strong>del</strong>le donne nei ruoli imprenditoriali e nelle<br />

professioni indipendenti più qualificate, a fronte di una loro riduzione netta<br />

nelle attività autonome tradizionali, di tipo manuale e a basso contenuto<br />

professionale.<br />

La riduzione <strong>del</strong>le lavoratrici in proprio è concentrata infatti nel settore<br />

agricolo, dove è più diffuso il lavoro manuale e poco qualificato: qui, nell’ultimo<br />

decennio, il numero <strong>del</strong>le lavoratrici in proprio si è quasi dimezzato, così come<br />

si è fortemente ridotta la presenza di coadiuvanti nelle aziende familiari, che<br />

per lungo tempo avevano impersonato un tipico ruolo subalterno, in particolare<br />

nel settore agricolo. Per contro, il netto aumento <strong>del</strong>le libere professioniste, cui<br />

è associato un elevato livello di istruzione e di competenze, è quasi<br />

interamente concentrato nel settore terziario, dove anche le imprenditrici sono<br />

molte di più.<br />

Il mutamento è più esteso e profondo di quanto i dati disponibili sulle<br />

forze di lavoro Istat consentano di <strong>del</strong>ineare, specie per il fatto che il lavoro -<br />

non soltanto quello indipendente - costituisce un aggregato sempre meno<br />

omogeneo e in continua trasformazione. Se il lavoro autonomo non aumenta<br />

più, aumenta invece l’autonomia nel lavoro: all’innalzamento generale <strong>del</strong><br />

livello di istruzione e <strong>del</strong>le competenze viene infatti ricondotta un’ampia<br />

diffusione di autonomia professionale tra i lavoratori, “indipendentemente dalla<br />

subordinazione contrattuale” 156 .<br />

Il grado più elevato di autonomia nell’ambito <strong>del</strong> lavoro dipendente è<br />

certamente associato al ruolo di dirigente. Nell’ultimo decennio, in Italia, le<br />

donne che ricoprono questo ruolo sono aumentate sensibilmente, anche se<br />

meno <strong>del</strong>le imprenditrici (Graf. 1), ma ancora poco in proporzione alla forte<br />

espansione <strong>del</strong>l’occupazione impiegatizia femminile, cresciuta nello stesso<br />

periodo di oltre 563 mila unità. Dopo dieci anni, infatti, le dirigenti sono<br />

soltanto 31 mila in più, essendo passate da 48 mila a 79 mila, con un<br />

incremento che sfiora il 65% ma lascia tuttora su un livello assai basso la<br />

quota di donne in questi ruoli. Ciò conferma che per le donne l’autonomia e le<br />

responsabilità direttive rappresentano mete tuttora raggiungibili più attraverso<br />

un percorso di lavoro indipendente che nell’ambito di una carriera aziendale.<br />

Anche per questo, le persistenti difficoltà <strong>del</strong>le donne a raggiungere i vertici<br />

<strong>del</strong>le gerarchie aziendali hanno sollecitato molti dibattiti e parecchie<br />

156 A. Supiot, op. cit., pag.18.<br />

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