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Consiglio Nazionale dell'Economia e del Lavoro - Formez

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apporto tra popolazione di oltre 65 anni e popolazione in età lavorativa (15-<br />

64), che era <strong>del</strong> 13,3% all’inizio degli anni Sessanta, è arrivato al 26,5% e si<br />

prevede che arrivi al 37,5% nel 2020 e al 48,3% nel 2030. Inoltre il tasso di<br />

partecipazione nella fascia d’età 55-64 anni ha raggiunto nel 2003 il 30,3%,<br />

contro una media europea superiore al 40%.<br />

Il basso tasso di partecipazione femminile, se confrontato con quello degli<br />

altri Paesi europei (fatta eccezione per l’area mediterranea), potrebbe essere<br />

un bacino capace di incrementare la popolazione attiva, ma per diventarlo<br />

richiede politiche mirate e un deciso incremento dei servizi di sostegno alle<br />

famiglie.<br />

L’esclusione dal mercato <strong>del</strong> lavoro di ampie coorti giovanili, e gli elevati<br />

tassi di disoccupazione giovanile, insieme a una visione che negli anni Ottanta<br />

e Novanta sembrava considerare i posti di lavoro come una grandezza data e<br />

non espandibile, avevano motivato l’adozione di politiche basate su<br />

defiscalizzazioni e sgravi contributivi per ridurre il costo <strong>del</strong> lavoro dei giovani<br />

(rincarato negli anni Settanta dall’abbattimento dei differenziali retributivi per<br />

età) e, contemporaneamente, su poco meditati incentivi per pre-pensionare<br />

ingenti quantità di lavoratori non ancora anziani. E’ questa un’epoca<br />

definitivamente tramontata, i cui costi si pagheranno per lungo tempo.<br />

Le iniziative legislative degli ultimi anni hanno preso un indirizzo opposto:<br />

i vari atti di riforma <strong>del</strong> sistema previdenziale, fino all’istituzione <strong>del</strong> cosiddetto<br />

superbonus 224 , come pure gli interventi miranti a riformare gli istituti<br />

contrattuali che regolano il mercato <strong>del</strong> lavoro 225 , sono tutti orientati da un lato<br />

a consentire-incentivare l’allungamento <strong>del</strong>la vita attiva, e dall’altro a rendere<br />

meno strutturato il rapporto di lavoro, agevolando le prestazioni temporanee e<br />

la mobilità interaziendale.<br />

Il quadro non è privo di ombre e di contraddizioni: accanto a giovani alle<br />

prese per anni con impieghi precari e con minori garanzie di welfare e di<br />

reddito differito, vi sono lavoratori anziani tutelati e incentivati<br />

economicamente a rimanere al posto di lavoro. Si spera che questa sia peraltro<br />

una fase di evoluzione, e non un punto d’arrivo. Il conflitto generazionale non<br />

sembra la chiave principale con la quale leggere la situazione: piuttosto,<br />

dovendo fare i conti con cambiamenti epocali, occorre guardare con occhio<br />

europeo alla realizzazione di una società maggiormente attiva e coesa.<br />

224<br />

I lavoratori dipendenti <strong>del</strong> settore privato con 35 anni di contributi e almeno 57 anni d'età (56 per gli<br />

operai), oppure con 38 anni di contribuzione, che hanno maturato o matureranno il diritto alla pensione<br />

di anzianità fino al 31 dicembre 2007 ma decidono di continuare a lavorare, otterranno in busta paga<br />

un aumento esente da tasse pari al contributo previdenziale: il 32,7% <strong>del</strong>la retribuzione lorda.<br />

Nell’aprile 2005 i richiedenti erano oltre 37 mila, con un ritmo che era venuto decelerando negli ultimi<br />

mesi.<br />

225<br />

Dal “pacchetto Treu”, la Legge n. 196 <strong>del</strong> 1997, fino alla “riforma Biagi”, la Legge n. 30 <strong>del</strong> 2003.<br />

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