Come mostra la Tab. 1, se calcoliamo le percentuali <strong>del</strong>le donne occupate, disoccupate e inattive sul totale <strong>del</strong>la popolazione, vediamo che all’aumento <strong>del</strong>la percentuale di occupate (+6,7) corrisponde una netta contrazione <strong>del</strong>le donne in cerca di occupazione (-1,2%). Tuttavia, se si guarda alle variazioni per classi di età, risulta che la riduzione <strong>del</strong>la disoccupazione dovuta ad un aumento <strong>del</strong>l’occupazione interessa soltanto le donne da 25 a 39 anni. Tab. 1- Variazioni <strong>del</strong>le quote di donne occupate, disoccupate e inattive per classi di età, 1995-2003 (punti percentuali) Classi di età % di occupat e Italia Nord Centro Sud % di disoccupate % di inattive % di occupat e % di disoccupate % di inattive % di occupat e % di disoccupate % di inattive % di occupate % di disoccu pate % di inattive 15-19 - 1,8 - 2,9 + 4,7 - 3,0 - 2,9 + 6,0 + 0,0 - 2,9 + 2,8 - 1,2 - 2,9 + 4,1 20-24 + 1,1 - 4,9 + 3,8 + 1,4 - 7,3 + 5,9 + 4,6 - 7,6 + 3,0 + 1,9 - 2,2 + 0,3 25-29 + 7,2 - 2,1 - 5,2 + 8,7 - 3,6 - 5,1 + 7,9 - 3,1 - 4,9 + 5,8 + 0,1 - 5,9 30-34 + 7,4 - 1,0 - 6,3 + 8,6 - 1,5 - 7,1 + 9,5 - 1,7 - 7,9 + 3,7 + 0,1 - 3,8 35-39 + 7,0 - 0,3 - 6,6 + 9,1 - 1,1 - 8,0 + 8,3 - 1,1 - 7,2 + 2,5 + 1,2 - 3,7 40-44 + 6,5 + 0,2 - 6,7 + 11,6 - 0,7 - 10,9 + 7,8 - 0,3 - 7,4 - 0,4 + 1,5 - 1,1 45-49 + 10,0 + 0,4 - 10,5 + 15,4 - 0,6 - 14,7 + 10,2 + 0,3 - 10,5 + 3,8 + 1,9 - 5,6 50-54 + 11,6 + 0,1 - 11,7 + 15,1 - 0,1 - 15,0 + 12,7 + 0,2 - 12,9 + 6,5 + 0,3 - 6,8 55-59 + 8,4 + 0,4 - 8,8 + 10,5 + 0,1 - 10,6 + 7,6 + 0,3 - 7,9 + 5,8 + 1,0 - 6,7 60-64 + 2,4 + 0,0 - 2,4 + 2,5 + 0,0 - 2,5 + 2,9 - 0,1 - 2,8 + 1,8 + 0,2 - 2,0 65-69 + 0,3 + 0,0 - 0,3 + 1,0 + 0,0 - 1,0 - 0,1 - 0,2 + 0,3 - 0,4 + 0,1 + 0,3 15-69 + 6,7 - 1,2 -5,5 + 8,7 - 1,8 - 6,9 + 8,0 - 1,6 - 6,4 + 3,7 - 0,2 - 3,4 FONTE: ISTAT, INDAGINE SULLE FORZE DI LAVORO, SERIE RICOSTRUITA Tra le più giovani l’alta percentuale di disoccupate diminuisce soltanto per l’aumento <strong>del</strong>le studentesse, mentre tra le più anziane non diminuisce affatto, rimanendo su livelli che corrispondono a tassi di disoccupazione dal 4% all’8%. In conclusione, quanto avvenuto dal 1995 al 2003 va articolato distinguendo tre fasce di età. Per le più giovani, l’occupazione aumenta poco o nulla, nonostante la diffusione dei nuovi rapporti di lavoro flessibili dal 1998, e la disoccupazione diminuisce soltanto per la ripresa <strong>del</strong>la crescita <strong>del</strong>la frequenza ai corsi di istruzione superiore. Per le donne da 25 a 39 anni, i livelli di attività, già abbastanza bassi nel 1995, diminuiscono poco sicché l’aumento <strong>del</strong>l’occupazione riesce a ridurre la disoccupazione. Invece, per le donne oltre 40 anni, il pur forte aumento <strong>del</strong>l’occupazione non riesce ad incidere sulla disoccupazione poiché gli ancora alti livelli di inattività si riducono in misura anche un poco superiore, secondo il mo<strong>del</strong>lo già visto dal 1972 al 1992. Se poi andiamo a distinguere tra grandi aree territoriali, si vede che soltanto nel Centro si ritrova una situazione molto simile alla media nazionale. Invece, nel Nord l’aumento <strong>del</strong>l’occupazione è così forte da ridurre la disoccupazione anche per le donne da 44 a 54 anni nonostante una quasi 84
altrettanto forte riduzione dei tassi di inattività, peraltro più bassi <strong>del</strong>la media italiana già nel 1995. Per contro, nel Mezzogiorno la debole crescita dei tassi di occupazione non riesce a ridurre i livelli di disoccupazione neppure per le donne da 25 a 39 anni. Tranne che per le giovanissime, ove incide la crescita <strong>del</strong>la scolarità superiore, nel Mezzogiorno i già alti tassi di disoccupazione continuano a crescere sino a diventare esplosivi non solo per le donne giovani, ma anche per quelle adulte: oltre il 25% per le trentenni e quasi il 15% per le quarantenni. Dunque la più forte crescita <strong>del</strong>l’occupazione femminile mai avvenuta in Italia acuisce il divario regionale, penalizzando ulteriormente le donne meridionali rispetto a quelle <strong>del</strong> Centro-Nord. In particolare, i livelli critici raggiunti dalla disoccupazione <strong>del</strong>le donne adulte (da 35 a 49 anni) le espongono al rischio di un effetto di scoraggiamento in una società quale quella meridionale, in cui gli ancora alti livelli di inattività indicano che è ben lungi dall’essersi consolidata l’immagine <strong>del</strong>la donna lavoratrice. Si può comprendere, perciò, come nel Mezzogiorno sia stata sufficiente, dopo parecchi anni di crescita, una piccola riduzione <strong>del</strong> tasso di occupazione <strong>del</strong>le donne (- 0,2 punti percentuali) dal 2003 al 2004 per causare una netta ripresa <strong>del</strong>la percentuale di inattive (+1,3 punti percentuali) 142 . 3. IL (RIDOTTO) RUOLO DELLA CRESCENTE SCOLARIZZAZIONE Nel precedente periodo di crescita <strong>del</strong>la partecipazione <strong>del</strong>le donne al lavoro quasi i due terzi <strong>del</strong>l’aumento <strong>del</strong>l’occupazione femminile si devono attribuire all’incremento dei livelli di istruzione 143 , cioè dal 1977 al 1992 non è cresciuto tanto il tasso di occupazione <strong>del</strong>le laureate, <strong>del</strong>le diplomate o <strong>del</strong>le donne con licenza media quanto il peso relativo nella popolazione femminile <strong>del</strong>le laureate e <strong>del</strong>le diplomate, che avevano sin dall’inizio un tasso di occupazione molto più elevato. Questo fenomeno si ripete in misura minore per la nuova stagione di aumento <strong>del</strong>l’occupazione <strong>del</strong>le donne. Infatti, applicando alla popolazione femminile <strong>del</strong> 2003 i tassi di occupazione per classi di età e per titolo di studio <strong>del</strong> 1995, si scopre che soltanto il 61% <strong>del</strong>l’occupazione aggiuntiva si deve alla crescita dei livelli di istruzione, mentre il restante 39% va attribuito all’aumento <strong>del</strong>la propensione al lavoro <strong>del</strong>le donne a parità di livello di istruzione. Ciò si spiega ovviamente con il periodo più breve (soltanto 8 anni contro 15), durante il quale l’innalzamento dei livelli di istruzione attraverso il succedersi di coorti di età sempre più istruite non può che essere minore. Piuttosto, occorre rilevare che l’aumento <strong>del</strong>la partecipazione al lavoro dal 1995 al 2003 interessa più le diplomate e le laureate che non le donne munite soltanto di qualifica professionale o di licenza <strong>del</strong>la scuola media, anche tenendo conto <strong>del</strong>le diverse classi di età (Tab. 2). Ciò vuol dire che, anche a parità di età, le differenze tra il tasso di occupazione <strong>del</strong>le donne istruite e quello <strong>del</strong>le donne non istruite sono aumentate nel periodo di aumento 142 Dati tratti dalla serie ricostruita dall’Istat. 143 E. Reyneri, Sociologia <strong>del</strong> mercato <strong>del</strong> lavoro, Bologna, il Mulino, 2002, cap. 5. Vedi anche, di vari autori, il dossier Donne e lavoro, "Quaderni di Rassegna sindacale-Lavori", n. 4, ottobre-dicembre 2004. 85
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