Consiglio Nazionale dell'Economia e del Lavoro - Formez
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PARTE TERZA<br />
1. LA RIMONTA DELL’OCCUPAZIONE FEMMINILE: COME E PERCHÉ<br />
1. PREMESSA<br />
Secondo la serie storica <strong>del</strong>l’occupazione rivista dall’Istat per adeguarla<br />
alla nuova indagine sulle forze di lavoro avviata nel 2004, in Italia dal 1995 al<br />
2003 sono stati creati oltre due milioni di posti di lavoro, dei quali poco più di<br />
un milione e 400 mila, pari a quasi il 71%, occupati da donne, che accrescono<br />
la propria quota sull’occupazione totale dal 36% al 39%. In otto anni<br />
l’occupazione femminile è cresciuta di oltre il 19% contro una media <strong>del</strong> 15%<br />
per l’Unione Europea. Tuttavia, nonostante il forte aumento dal 37,5% <strong>del</strong><br />
1995 al 45,1% <strong>del</strong> 2003, il tasso di occupazione sulla popolazione da 15 a 64<br />
anni rimane lontano dalla media europea che negli stessi anni è cresciuta dal<br />
49,7% al 56%. E ancor più lontano dall’obiettivo <strong>del</strong> 60% definito nel 2000 dal<br />
<strong>Consiglio</strong> Europeo di Lisbona per il 2010, obiettivo già raggiunto nel 2003,<br />
largamente da Danimarca, Svezia, Olanda, Finlandia e Gran Bretagna, e di<br />
misura da Austria e Portogallo.<br />
Questo è stato in ogni caso il più forte aumento <strong>del</strong>l’occupazione<br />
femminile mai avvenuto in Italia dai primi anni Settanta, quando iniziò il<br />
ritorno <strong>del</strong>le donne nel mercato <strong>del</strong> lavoro dopo la breve stagione <strong>del</strong>l’industrializzazione<br />
di massa e <strong>del</strong>l’esodo agricolo. Occorre quindi capire quali<br />
sono stati i modi che l’hanno caratterizzato e i fattori che l’hanno reso<br />
possibile. Poiché la comprensione dei fenomeni sociali nasce dal confronto, due<br />
sono le situazioni di riferimento: da un lato i Paesi europei in cui le donne<br />
hanno da tempo una più elevata presenza nel mercato <strong>del</strong> lavoro, dall’altro le<br />
peculiarità <strong>del</strong>la crescente partecipazione al lavoro <strong>del</strong>le donne italiane dal<br />
1972 al 1992, quando fu interrotta dalla crisi economica. Inoltre, occorre<br />
tenere conto <strong>del</strong>le differenze territoriali, che anche in questo sono molto<br />
profonde, come risulta dal fatto che il tasso di occupazione femminile dal 1995<br />
al 2003 è cresciuto di 8,7 punti al Nord, di 8 punti nel Centro e soltanto di 3,7<br />
punti nel Mezzogiorno 141 .<br />
2. RIDUZIONE DELLA DISOCCUPAZIONE O DELL’INATTIVITÀ?<br />
In tutti i Paesi europei la crescita <strong>del</strong>la partecipazione al lavoro <strong>del</strong>le<br />
donne si è concentrata nelle classi di età centrali. È stato l’aumento<br />
<strong>del</strong>l’occupazione <strong>del</strong>le donne da 29 a 45 anni a determinare il loro sempre<br />
maggiore accesso al lavoro retribuito extra-familiare, modificando<br />
profondamente i tradizionali mo<strong>del</strong>li di partecipazione per età, che nei Paesi<br />
<strong>del</strong>l’Europa centro-settentrionale avevano un andamento bimodale “a M” e in<br />
quelli <strong>del</strong>l’Europa meridionale erano “a L rovesciata”, sino ad approssimare o a<br />
raggiungere il mo<strong>del</strong>lo “a campana” tipico <strong>del</strong>la partecipazione al lavoro dei<br />
maschi. In Italia il mo<strong>del</strong>lo “a campana” era già stato raggiunto nei primi anni<br />
Novanta; quindi - come mostra il Graf. 1 - l’aumento <strong>del</strong>l’occupazione 1995-<br />
141 Poiché per il periodo 1995-2003 l’Istat ha rivisto soltanto pochi grandi aggregati, i dati utilizzati<br />
saranno quelli originari <strong>del</strong>le indagini sulle forze di lavoro, tranne che sia esplicitamente indicato.<br />
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