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alla diffusione delle forme di lavoro atipiche. Ma classificare le occupazioni a tempo parziale tra quelle non standard è decisamente fuorviante, perché nella stragrande maggioranza dei casi queste occupazioni differiscono da quelle considerate “tipiche” soltanto per l’orario ridotto. Si pensi che, dell’oltre mezzo milione di occupazioni part-time create dal 1995 al 2003, ben tre quarti sono normali rapporti di lavoro dipendente a tempo indeterminato: una percentuale addirittura superiore a quella delle 800 mila occupazioni aggiuntive a tempo pieno (Tab. 6). D’altronde, quella dei lavori "atipici" è una costruzione concettuale poco utile perché comprende forme di lavoro molto differenti sia per le implicazioni sulle condizioni dei lavoratori sia per le funzioni che svolgono per le imprese. Meglio considerare una dimensione che distingue in modo più chiaro le condizioni di impiego di un lavoratore: il suo grado di stabilità o di protezione da parte delle norme giuridiche e contrattuali. Questa scelta si giustifica anche perché nel corso del periodo considerato sono stati adottati provvedimenti legislativi diretti a promuovere rapporti di lavoro instabili al fine di incrementare l’occupazione: la riforma dell’apprendistato e dei contratti di formazione lavoro e l’introduzione del lavoro interinale a fine 1997 e la riforma dei contratti a tempo determinato a fine 2001. Tab. 6 - Composizione per posizione lavorativa dell’aumento di occupazione femminile 1995-2003 (valori percentuali) Dipendenti Permanenti Temporanei Indipendenti Totale v. a. (in 000) A tempo pieno 66,7 24,2 9,1 100,0 799 A tempo parziale 75,5 21,0 3,5 100,0 558 Totale 70,3 22,9 6,8 100,0 1.357 FONTE: ISTAT, INDAGINE SULLE FORZE DI LAVORO Da questo punto di vista, la crescita dell’occupazione femminile dal 1995 al 2003 appare dovuta essenzialmente all’aumento di quella dipendente permanente. Infatti, considerando le donne da 15 a 64 anni, il tasso di occupazione dipendente a tempo indeterminato cresce di 5,3 punti percentuali (dal 24,8% al 30,1%), mentre quello dipendente a tempo determinato cresce soltanto di 1,5 punti percentuali (dal 2,5% al 4%) e quello indipendente appena di 0,4 punti percentuali (dall’8,3% all’8,7%) 150 . Tuttavia, le differenze per età sono importanti. Come mostra il Graf. 9, il contributo alla crescita dei tassi di occupazione dei rapporti di lavoro dipendente a tempo indeterminato risulta particolarmente consistente per le donne da 40 a 60 anni: per quelle oltre 45 anni si tratta per lo più di lavori a tempo pieno, mentre per quelle da 40 a 44 anni prevale il part-time. 150 Per poter distinguere questi tassi di occupazione per età è stato necessario ricorrere ai micro-dati delle indagini sulle forze di lavoro. 96
14 12 10 8 6 4 2 0 -2 -4 Graf. 9 - Variazioni 1995-2003 dei tassi di occupazione femminili per posizione ed età Dipend. permanente Dipend. temporan. Indipend. 15-19 20-24 25-29 30-34 35-39 40-44 45-49 50-54 55-59 60-64 FONTE: ISTAT, INDAGINE SULLE FORZE DI LAVORO(MICRO-DATI) Al contrario, l’aumento del tasso di occupazione dipendente a tempo determinato equivale a quello dipendente a tempo indeterminato per le trentenni e prevale nettamente per le ventenni. Questa distribuzione per età fa supporre che l’aumento dell’occupazione dipendente temporanea sia in gran parte dovuto alla diffusione dei rapporti misti a fini formativi, riformati e incentivati dal “pacchetto Treu”. In effetti, anche se l’indagine sulle forze di lavoro tende a sottostimare i rapporti temporanei a fini formativi 151 , l’aumento di 1,5 punti percentuali del tasso di occupazione dipendente temporanea si deve per metà ai contratti di formazione lavoro e di apprendistato e per metà ai rapporti a tempo determinato, tra i quali sono classificati anche quelli interinali, che si può stimare abbiano contribuito per oltre un terzo al loro aumento. Anche per le donne, quindi, la promozione dei rapporti di lavoro flessibili decisa a fine 1997 ha avuto un impatto limitato sulla crescita dell’occupazione, mentre per la riforma del contratto a tempo determinato a fine 2001 le conseguenze sono quasi nulle, contrariamente alle attese di chi l’aveva sostenuta e ai timori di chi l’aveva avversata 152 . Infine, in mancanza di dati attendibili sull’andamento delle donne occupate come collaboratrici coordinate e continuative, che esistevano di fatto anche prima di essere codificate dalla riforma pensionistica del 1995, si può vedere come il contributo infimo del lavoro indipendente alla crescita 151 B. Anastasia e D. Maurizio, Misura dell’occupazione temporanea: consistenza, dinamica e caratteristiche di uno stock eterogeneo, in "Veneto Lavoro-Tartufi", n. 11, 2002. 152 Più in generale vedi E. Reyneri, Verso una nuova società del lavoro, "il Mulino", n. 416, novembredicembre 2004. 97
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