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Consiglio Nazionale dell'Economia e del Lavoro - Formez

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APPROFONDIMENTI<br />

1. MUTAMENTI GENERAZIONALI NELLA COMPOSIZIONE DELLA FORZA<br />

LAVORO: UN CONFRONTO INFRATEMPORALE A LIVELLO EUROPEO<br />

1. PREMESSA<br />

Mancano cinque anni al 2010, anno <strong>del</strong>la verifica circa il raggiungimento<br />

degli obiettivi definiti a Lisbona nel 2000 dalla Strategia europea per<br />

l’occupazione: siamo sostanzialmente a metà <strong>del</strong> percorso. Il progressivo<br />

invecchiamento <strong>del</strong>la popolazione, comune a tutti i Paesi d’Europa, lascia<br />

prevedere l’insorgere di due prossime conseguenze non facili da gestire: una<br />

mancanza cronica di forza lavoro, e una crisi nei sistemi previdenziali pubblici.<br />

I flussi migratori stanno concorrendo, e ancor più concorreranno, a<br />

ristabilire un accettabile equilibrio demografico e occupazionale, ma non<br />

avvengono a costo zero per l’insieme degli equilibri sociali, e necessitano<br />

pertanto di una attenta gestione, per evitare reazioni di rigetto che potrebbero<br />

minacciare i livelli di convivenza democratica.<br />

E’ dunque dal prolungamento <strong>del</strong>la vita lavorativa che dobbiamo<br />

attenderci un contributo per ridurre la pressione su entrambi i fronti, e ciò<br />

anche in virtù <strong>del</strong>le mutate aspettative di durata <strong>del</strong>la vita e di qualità <strong>del</strong>la<br />

vita stessa, nonché <strong>del</strong>la diminuita pesantezza fisica di buona parte <strong>del</strong>le<br />

mansioni lavorative oggi richieste.<br />

Proviamo a esaminare l’evoluzione avvenuta nella partecipazione al<br />

lavoro in Europa durante il periodo 1993-2003, cioè nel corso di oltre un<br />

decennio; prenderemo in considerazione i Paesi europei che è più utile<br />

raffrontare all’Italia, per i loro assetti istituzionali ed economici.<br />

2. LA POPOLAZIONE ATTIVA<br />

Come si vedrà meglio più avanti, gli obiettivi individuati a Lisbona<br />

focalizzano la loro attenzione sulle quote di occupati: totali, tra le donne e tra<br />

la popolazione anziana. Sembra tuttavia utile, nell’analisi, portare l’attenzione<br />

anche sulla popolazione disponibile al lavoro in generale. Aumentare il numero<br />

degli occupati significa innanzitutto allargare la platea degli attivi, e poi creare<br />

le condizioni perché una domanda di lavoro adeguata sorregga la nuova offerta<br />

di lavoro. Anche questo primo passo è dunque importante nel determinare le<br />

condizioni di mercato e le scelte <strong>del</strong>le imprese 219 , per cui é utile partire da qui.<br />

Tra il 1993 e il 2003 la popolazione attiva è cresciuta in tutte le principali<br />

nazioni europee, fatta eccezione per la Danimarca (Tab. 1). Crescite<br />

sostanziose, con percentuali a due cifre, sono state quelle <strong>del</strong>l’Irlanda (38%),<br />

<strong>del</strong>la Spagna (23%, pari a 3,5 milioni di persone), <strong>del</strong>l’Olanda (19%, pari a 1,3<br />

milioni), <strong>del</strong>la Grecia (16,5%) e <strong>del</strong> Portogallo (16%); più contenuta è stata la<br />

crescita nei Paesi più grandi.<br />

219 I fenomeni di de-localizzazione produttiva, spesso esecrati, trovano origine in molte concause fra cui<br />

prevale la ricerca di aree ove con minore costo <strong>del</strong> lavoro ma è presente anche la difficoltà a reperire in<br />

loco tutta la mano d’opera necessaria per espandere la produzione.<br />

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