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Consiglio Nazionale dell'Economia e del Lavoro - Formez

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6,1% <strong>del</strong>la popolazione attiva), sia perché la sicurezza <strong>del</strong> lavoro dipendente,<br />

guadagnata o perduta che sia, viene scambiata con l'autonomia e le libertà <strong>del</strong><br />

lavoro autonomo, sia per la complessità <strong>del</strong>l'aggregato lavoro autonomo, che<br />

nel periodo 1998-2001 comprendeva ancora quello di "seconda generazione",<br />

composto da partite Iva e da collaboratori 254 .<br />

Pertanto possiamo considerare questo come un gruppo di ascesa-discesa,<br />

e distinguere al suo interno fra situazioni di sicura ascesa, come l'afflusso al<br />

lavoro autonomo da altre condizioni (disoccupati, coadiuvanti, lavoratori in<br />

nero), e situazioni più ambivalenti, come l'afflusso al lavoro autonomo dal<br />

lavoro dipendente o il deflusso dal lavoro autonomo verso quello dipendente.<br />

Vi sono infine: coloro che rientrano nel mercato <strong>del</strong> lavoro (1,4% <strong>del</strong><br />

campione e 2,4% <strong>del</strong>la popolazione attiva); coloro che ne escono per<br />

pensionamento o altri motivi (5%); e coloro che rimangono fuori dal mercato<br />

<strong>del</strong> lavoro in tutto il periodo considerato (42,9%).<br />

4. I TRAGITTI PER SESSO, ETÀ, TITOLO DI STUDIO E ZONA<br />

Gli incroci con le variabili strutturali, a cominciare dal sesso, consentono di<br />

<strong>del</strong>ineare più in dettaglio le caratteristiche dei sei tipi (Tab. 3). È interessante<br />

notare preliminarmente che nel gruppo dei dipendenti in condizioni di stabilità,<br />

così come in quello dei lavoratori in ascesa, non vi sono differenze tra uomini e<br />

donne.<br />

Tra gli autonomi stabili sono invece prevalenti gli uomini (di cui<br />

costituiscono il 78%, rispetto al 60% <strong>del</strong> totale), mentre tra i lavoratori che<br />

restano in condizioni di marginalità e tra i quelli in discesa le donne sono un po’<br />

più frequenti rispetto alla media (rispettivamente 46% e 43%, rispetto alla<br />

media <strong>del</strong> 40%). Inoltre le donne sono molto più numerose sia tra chi rientra<br />

nel mercato <strong>del</strong> lavoro sia tra chi ne esce per motivi diversi dal pensionamento.<br />

L'analisi per età (Tab. 4) mostra che la stabilità di lavoro è caratteristica<br />

soprattutto <strong>del</strong>le fasce centrali: quasi metà dei dipendenti e degli autonomi<br />

stabili ha tra 40 e 54 anni, mentre questa classe è soltanto il 35% <strong>del</strong> totale.<br />

La permanenza nella marginalità e la discesa sono invece diffuse tra i giovani<br />

fra i 15 e i 24 anni, che sono poco più <strong>del</strong> 20%, mentre sul totale sono soltanto<br />

l’8,3%. Marginalità e discesa diventano residuali oltre i 40 anni.<br />

Anche le ascese riguardano quasi esclusivamente i giovani: più di metà<br />

riguarda 24-39enni e poco meno di un terzo 15-25enni. Le situazioni di ascesadiscesa<br />

sono prevalenti tra i lavoratori tra i 25 e i 39 anni, così come le<br />

transizioni da fuori a dentro il mercato <strong>del</strong> lavoro. Le uscite per motivi diversi<br />

dal pensionamento interessano sia i lavoratori con meno di 25 anni sia quelli<br />

con più di 55 anni.<br />

254<br />

Secondo i dati <strong>del</strong> Censimento 2001, i collaboratori coordinati e continuativi erano 827 mila, cioè il 4%<br />

di tutti gli occupati dalle imprese italiane. I dati <strong>del</strong>la nuova indagine continua sulle forze di lavoro<br />

hanno ridimensionato queste grandezze.<br />

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