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Consiglio Nazionale dell'Economia e del Lavoro - Formez

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stati persi oltre 100 mila posti; l’auto, dove se ne sono persi 70 mila, che<br />

vengono al seguito di contrazioni verificatesi anche nei vent’anni precedenti; la<br />

maglieria e le calzature, dove sono stati persi rispettivamente 50 mila e 30<br />

mila posti (cadute di dimensioni analoghe a quelle registrate negli anni<br />

Ottanta). L’insieme di questi settori - sistema moda più automobile - somma<br />

pressoché integralmente la perdita di posti di lavoro manifatturieri subita<br />

dall’Italia nell’ultimo decennio <strong>del</strong> Novecento.<br />

Tab. 4 - Settori con maggiore contrazione di addetti<br />

fra i due ultimi censimenti<br />

VARIAZIONI ADDETTI<br />

tra il 2001 e il tra il 1991 e il tra il 1981 e<br />

1991 1981 il 1971<br />

Confezione di altri articoli di vestiario ed accessori -104.292 15.302 14.039<br />

Fabbricazione di autoveicoli -70.834 -58.664 -38.983<br />

Fabbricazione di articoli in maglieria -54.332 -50.463 135.926<br />

Fabbricazione di calzature -28.974 -28.083 51.290<br />

Fabbricazione di macchine per ufficio, elaboratori e sistemi informatici -25.981 -525 -5.323<br />

Tessitura di materie tessili -23.561 -37.897 -58.879<br />

Fabbric. apparecchi trasmittenti per radiodiffus., televisione e telefonia -21.877 23.848 19.363<br />

Produzione di ferro, di acciaio e di ferroleghe -19.813 -55.956 -24.162<br />

Costruzione di aeromobili e di veicoli spaziali -18.197 14.942 20.238<br />

Fabbricazione di prodotti chimici di base -16.195 -54.174 -6.602<br />

TOTALE MANIFATTURIERO -367.759 -599.792 674.672<br />

FONTE: ELABORAZIONE CNEL SU DATI ISTAT, CENSIMENTI (A PARITÀ DI CAMPO DI<br />

OSSERVAZIONE 1971)<br />

Queste dinamiche non sono esclusive <strong>del</strong>l’Italia, come ben documentano i<br />

dati sui principali Paesi europei (Tab. 5). Basti notare che, fra il 1995 e il 2003,<br />

i quindici Paesi aderenti da tempo all’Unione Europea hanno perso poco più di<br />

un milione di occupati <strong>del</strong>l'industria su oltre 40 milioni di addetti. Si tratta di<br />

una contrazione non certo spettacolare, ma con dinamiche nazionali<br />

fortemente differenziate.<br />

- Tra i grandi Paesi, sono in contrazione la Germania (-1,8 milioni: per effetto<br />

<strong>del</strong>la ristrutturazione <strong>del</strong>l’ex Repubblica Democratica di Germania) e la Gran<br />

Bretagna (-750 mila, rispetto al massimo <strong>del</strong> 1998), mentre la Francia (-100<br />

mila) e l'Italia (+200 mila) hanno temporaneamente difeso le posizioni;<br />

tuttavia la nostra crescita non recupera il dimagrimento dei primi anni<br />

Novanta.<br />

- Le più gravi contrazioni sono avvenute nei Paesi <strong>del</strong>l’Est, nuovi membri<br />

<strong>del</strong>l’Unione Europea, le cui struttura produttive, e in special modo l'industria,<br />

hanno subito radicali ristrutturazioni a seguito <strong>del</strong>l’apertura agli scambi con<br />

l’Occidente dopo il crollo <strong>del</strong> muro di Berlino: Romania –900 mila; Polonia –800<br />

mila; Bulgaria e Repubblica Ceca –200 mila 229 .<br />

229<br />

I Paesi che hanno maggiormente beneficiato <strong>del</strong>la de-localizzazione <strong>del</strong>l’industria leggera italiana<br />

hanno dovuto reggere una de-industrializzazione occupazionale ben più pesante di quella <strong>del</strong>l'Italia. Si<br />

stima che in Romania i lavoratori attivati da ditte italiane nei settori <strong>del</strong>la moda e <strong>del</strong> legno fossero nel<br />

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