Una parola tira l'altra - AM Cirese
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I PROVERBI DI PREFERENZA 110<br />
E' anche evidente il fatto che il proverbio [6] opera come eliminatore di incertezza,<br />
ossia come erogatore di informazione. Nella cultura cui [6] appartiene, di norma il<br />
sapere è considerato preferibile al non sapere (pP~p), e la vita è considerata<br />
preferibile alla morte (qP~q). Non vi è dunque alcun dubbio che, nella generalità dei<br />
casi, p&q (e cioè essere sapiente e vivo) rappresenti la condizione ottima, e di contro<br />
∼p&∼q (ossia essere ignorante e morto) rappresenti la condizione pessima.<br />
Non avrebbe perciò molto senso - perché non scioglierebbe alcuna incertezza e non<br />
recherebbe alcuna informazione - un detto che dichiarasse che (p&q)P(∼p&∼q), e<br />
cioè che dicesse che è meglio un sapiente vivo cbe un ignorante morto. Né molto<br />
senso avrebbero dei detti che - violando la norma più sopra indicata al punto c) -<br />
dichiarassero altre preferenze normalmente ovvie quali le seguenti:<br />
( p& q)P( p&∼q) : meglio un sapiente vivo che un sapiente morto<br />
( p& q)P(∼p& q) : meglio un sapiente vivo che un asino vivo<br />
(∼p& q)P(∼p&∼q) : meglio un asino vivo che un asino morto<br />
( p&∼q)P(∼p&∼q): meglio un sapiente morto che un asino morto<br />
Il mancato rispetto della regola che p o q possono apparire affermati in w se e solo se<br />
compaiono negati in w' (vedi sopra, punto c), fa sì che le espressioni ora indicate si<br />
riducano ad affermare che pP~p e che qP~q, e cioè due graduatorie assolutamente<br />
ovvie.<br />
Di contro sarebbero assolutamente «imprevisti» (e dunque fortemente informativi)<br />
dei detti che rovesciassero le graduatorie correnti, affermando ad esempio che<br />
(~p&~q)P(p&q), ossia che è meglio un ignorante morto che un sapiente vivo; ma in<br />
questo caso, e negli altri consimili, ci si distaccherebbe totalmente dal quadro nel<br />
senso comune entro il quale si muovono i proverbi tradizionali, e si entrerebbe<br />
piuttosto nell'ambito dei proverbi surreali, per così dire, proclamando l'esatto<br />
contrario delle graduatorie correnti e cioè che<br />
~pPp : meglio morto che vivo<br />
~qPq : meglio ignorante che sapiente<br />
con i conseguenti sviluppi:<br />
( p&~q)P(p&q) : meglio un sapiente morto che un sapiente vivo<br />
(~p& q)P (p&q) : meglio un ignorante vivo che un sapiente vivo<br />
(~p&~q)P(p~q) : meglio un ignorante morto che un sapiente morto<br />
(~p~q)P(~p&q) : meglio un ignorante morto che un ignorante vivo. 6<br />
Nei limiti del senso comune (o forse del buon senso) la sola reale incertezza da<br />
sciogliere sta dunque nell'alternativa tra p&~q e ~p&q, ossia tra dottore morto e<br />
asino vivo, alternativa che il proverbio [6] scioglie appunto a favore dell'asino vivo<br />
coinvolgendo un discorso complessivo che può esplicitarsi così:<br />
vivente. La derivazione in <strong>parola</strong> però non sembra valere in generale per la logica della preferenza:<br />
vedi RESCHER 1968, pp. 295, 308 ss.<br />
6 Come è evidente, sono sempre immaginabili delle situazioni speciali nelle quali le espressioni<br />
indicate potrebbero non apparire insensate ma la caratteristica dei proverbi ä che valgono in modo<br />
generale, senza riferimento a situazioni specifiche: sono cioè nonsituazionali, mentre invece le<br />
espressioni considerate sono quasi interamente situazionali.