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Una parola tira l'altra - AM Cirese

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I PROVERBI DI PREFERENZA 166<br />

contestuale ed extra-linguistica in cui il wellerismo viene pronunciato, o invece ad un<br />

qualche contesto linguistico-narrativo di cui il wellerismo è o potrebbe essere parte:<br />

per es. il racconto del carbonaio che alla domenica indossa a rovescio la sua abituale<br />

camicia esclamando appunto Quant'è bella la pulizia.<br />

La seconda osservazione riguarda lo svoIgimento temporale: si può parlare di<br />

historiola quando non ci sia una simulazione esplicita dello sviluppo dell'azione nel<br />

tempo?<br />

Per concludere su Costanza e su Il carbonaio mi pare dunque che:<br />

a) Non si può parlare di micro-racconto a proposito di Costanza la cui unità - in<br />

quanto associazione di q: e “d” - è soprattutto isofonica, ed interamente reversibile, se<br />

non per ciò che concerne il rapporto tra L e «q: “d”», certo per quel che riguarda “d”.<br />

Costanza resta dunque quel che genericamente si chiama un wellerismo almeno dal<br />

punto di vista dello scarto tra il locutore L e la sentenza “d”; ma appartiene ad un<br />

gruppo di wellerismi (del resto correntemente detti .proverbi welleristici" o<br />

"wellerizzati") che non è lo stesso cui si deve assegnare Il carbonaio.<br />

b) A proposito del Carbonaio si può parlare di micro-racconto in forza della<br />

relazione oppositiva tra i termini contestuali “pulizia” e “carbonaio”, ma occorre<br />

aggiungere da un lato che il wellerismo conserva una ambiguità che non si può<br />

risolvere nell'ambito del testo stesso, e dall'altro che non c'è simulazione esplicita<br />

dello svolgimento temporale.<br />

3. Il terzo esempio, che intitolerò Donno Janne, servirà forse a chiarire uno o due<br />

punti già considerati. Eccone innanzi tutto il testo:<br />

III. Dicette Donno Janne: 'O fecato nun è carne<br />

e cioè: Disse don Giovanni: Il fegato non è carne.<br />

A parte il rapporto isofonico (“rima”) tra Janne e carne, si capisce soltanto che un<br />

tale, chiamato Donno Janne, ha enunciato una banalità, o quasi, quale è appunto<br />

l'affermazione che "il fegato non è carne”. In altri termini, al livello dei fatti<br />

verbalizzati non si può stabilire alcun asse semantico che possa legare q: e “d”, e<br />

dunque non si può stabilire alcun rapporto di opposizione-associazione che assicuri<br />

l'autonomia del testo nei confronti dei fatti non verbaIizzati, della situazione ecc.<br />

D'altronde la relazione fegato / non carne è polivalente: l'espressione non è<br />

codificata, come invece avviene nel caso di “il sangue non è acqua”. Ed in effetti<br />

Raffaele Corso - pubblicando una variante di Donno Janne: 1947 p. 13 -dichiarò che<br />

non gli riusciva di spiegare né il personaggio (ma suppose che si trattasse di un<br />

teologo, senza peraltro notare il rapporto isofonico), né perché mai questi venisse a<br />

proclamare la differenza tra fegato e carne. Tutto invece pare spiegarsi quando si<br />

conosca la storia, riferita da G. Tucci, del prete don Giovanni che, avendo mangiato<br />

fegato al venerdì, se ne giustificò affermando appunto che il fegato non è carne.<br />

Allora "si capisce", perché si sa che don Giovanni è un prete cui incombe il dovere di<br />

rispettare le regole sia del digiuno sia della verità; che questo prete ha violato la

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