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Una parola tira l'altra - AM Cirese

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16 [Invece che “proverbi” avrei dovuto dire più esattamente “occorrenze di<br />

proverbi”, giacché nella cifra di 150 (circa) sono comprese le ripetizioni,<br />

anche plurime, di uno stesso proverbio. Per le risultanze di altri computi vedi<br />

Numero e funzione dei proverbi nei Malavoglia *p. 131].<br />

17 E ciò per ragioni non dipendenti né dalla nostra volontà né dalla cortesia<br />

degli attuali detentori delle carte verghiane, le quali tuttavia ci auguriamo<br />

siano presto rese accessibili allo studio [ma non saprei dire se poi lo siano<br />

davvero divenute].<br />

18 L. PERRONI 1929, p. 114, dove si dice inoltre che nell'elenco c'è “una non<br />

indifferente serie di zeppe- contrassegnate scrupolosamente da una "T" e costituite da<br />

proverbi, non siciliani, ma italiani”: il che dimostra l'attenzione che lo scrittore prestò alla<br />

cosa. La Perroni aggiunge poi una annotazione assai interessante- “Noteremo qui di<br />

sfuggita che la maggior parte di questa spulciatura di motti popolari non fu poi, nel testo,<br />

utilizzata e che Verga, istintivamente, predilesse nella sua cernita quei modi proverbiali<br />

che risuonava no di certe cadenze ritmiche assai vicine, come taglio e come andatura<br />

fonica, a versi”. Un attento confronto di questo elenco di proverbi con le probabili fonti<br />

documentarie da un lato e con il romanzo dall'altro avrebbe di certo illuminato meglio i<br />

procedimenti di cui si discorre in questo articolo.<br />

19 Lettera da Milano del 29 maggio 1881, in VERGA 1940 p. 243. Il<br />

medesimo concetto è in una lettera del dicembre dello stesso anno diretta a<br />

Edouard Rod, che traduceva in francese I Malavoglia: “... lasciare più che<br />

potevo l'impronta del colore locale anche allo stile del mio libro”. Vedi<br />

VERGA 1954, pp. 48-49.<br />

20 [Questa e le successive considerazioni generali sui proverbi come “ forme<br />

” e come atteggiamento ideologico hanno poi avuto un qualche sviluppo<br />

meno generico (vedi i lavori più oltre menzionati) ed hanno subito anche<br />

certe modificazioni o rettifiche di angolature e di giudizi. A segnare<br />

continuità e distacchi tra il '55 e oggi, qui noterò soltanto che ritengo ancora<br />

che i proverbi siano innanzi tutto forme, e che l'ideologia se ne colga<br />

essenzialmente al livello delle modalità formali e non a quello dei contenuti<br />

grezzi; più specificamente, però, li penso come prodotti di precise procedure<br />

di messa in forma di certi contenuti, e ritengo che quelle procedure si possano<br />

e debbano identificare mediante altrettanto precise analisi stilisticoideologiehe<br />

(invece che psicologico-stilistiche), e cioè non globalmente o<br />

intuitivamente ma attraverso scomposizioni e ricomposizioni a livello<br />

sintattico, semantico, ritmico-metrico e pragmatico (cfr. anche Numero e<br />

funzione dei proverbi nei Malavoglia, *p. 131).<br />

Esempi di analisi del tipo indicato ho cercato di dare nello scritto 1968 (Prime<br />

annotazioni per una analisi strutturale dei proverbi), la cui prima parte,<br />

largamente rimaneggiata, è anche comparsa nel 1972 (I proverbi: struttura<br />

delle definizioni). Le restanti parti (emendate, e integrate con ulteriori analisi

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