Una parola tira l'altra - AM Cirese
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qualcosa che possa chiamarsi proverbio. È questa appunto la strada scelta<br />
dall'Encyclopaedia of Religion and Ethics (d'ora in avanti ERE) che scrive:<br />
Mentre è difficile fissare ,una definizione formale del proverbio, ed ogni<br />
autore cerca di darne una sua propria, v’è un generale accordo sulle<br />
caratteristiche essenziali delle espressioni proverbiali. Quattro qualità<br />
sono necessarie per costituire un proverbio: brevità (o, come alcuni<br />
preferiscono, concisione), buon senso (sense), arguzia o sale, e popolarità.<br />
Sebbene la formulazione di ERE presenti considerevole vantaggi sulle<br />
definizioni di tipo più corrente e divulgato, perché consiste nella indicazione degli<br />
elementi indispensabili, tuttavia anch’essa lascia notevoli margini di incertezza.<br />
innanzi tutto essa è meno generalmente accolta di quanto si afferma: p. es. la<br />
definizione attribuita ad Aristotele contiene solo tre degli elementi che sono<br />
considerati indispensabili (manca 1a popolarità); inoltre non appare ben chiaro se la<br />
popolarità di cui si parla significhi soltanto divulgazione o includa anche la lunga<br />
tradizione nel tempo, ossia l'antichità (che è elemento considerato indispensabile da<br />
molto definizioni). Il fatto è che nella formulazione ERE, come in tutte le altre che<br />
abbiano visto (o in moltissimo altre che potremmo elencare), si poggia su<br />
qualificazioni che appartengono a campi diversi: contenuto, forma e fortuna. Anche<br />
per la formulazione ERE (PrERE) si ha infatti:<br />
PrERE<br />
D ∩ (B ∩ S) ∩ A ∩ C<br />
1 2 3 4<br />
Questo riferimento ai campi 1, 2, 3, 4 sembra dunque essere il solo elemento<br />
costante in tutte le definizioni o formulazioni considerate, ed a questo elemento<br />
costante perciò vanno attribuiti tutti i vantaggi e tutti gli svantaggi delle definizioni<br />
correnti. Esaminiamo perciò più da vicino i settori o campi che sono sempre investiti.<br />
1.3. Il comune riferimento alla forma, al contenuto e alla vicenda esterna<br />
Dei quattro campi interessati da tutte le definizioni, possiamo trascurare per il<br />
momento il primo (1), dato che l'appartenenza del proverbio al campo dei fatti<br />
linguistici non solleva problemi. Per i restanti tre (2, 3, 4) sottolineiamo di nuovo che<br />
2 e 3 riguardano il testo in quanto tale, mentre invece 4 riguarda il suo uso o la sua<br />
vicenda nel tempo e nello spazio geografico e sociale. Schematizzando possiamo<br />
dunque dire che i campi investiti sono da un lato il testo in sé nella sua forma e nel<br />
suo contenuto, e dall'altro la sua fortuna; cioè il proverbio è un particolare oggetto<br />
linguistico il cui testo gode di alcune qualità o proprietà formali e contenutistiche, e il<br />
cui uso gode anch'esso di certe qualità. Usando ora i numeri per indicare i campi<br />
interessati possiamo dire che tutte le definizioni si riducono al seguente schema<br />
astratto:<br />
(2 ∩3) ∩ 4<br />
testo in sé sua fortuna<br />
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