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Una parola tira l'altra - AM Cirese

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I PROVERBI DI PREFERENZA 169<br />

a) testi del tipo Costanza, nei quali i segmenti componenti possono essere separati<br />

senza che l'espressione attribuita al personaggio perda senso, e che non hanno alcuna<br />

dimensione narrativa;<br />

b) testi non scindibili, del tipo Donno Janne, che possono essere considerati come<br />

evocazione e "condensazione emblematica" di una narrazione (sia essa o meno la<br />

"fonte" del wellerismo), e che possono perdere la loro polisemia soltanto se si<br />

conosce “qualche altra cosa" oltre al testo in sé;<br />

c) testi ancora una volta non scindibili, ma che presentano un senso autonomo e<br />

autosufficiente, pur se in misura diversa: da un lato c’è il Carbonaio, che è in sé<br />

intelligibile ma che tuttavia conserva una certa ambiguità che deriva dalla polivalenza<br />

del rapporto tra la qualità del personaggio e il contenuto del suo enunciato; dall'altro<br />

lato ci sono Donna Lena e Ottimo disse che, grazie alla presenza di un terzo elemento<br />

o segmento, stabiliscono all'interno del testo un rapporto oppositivo perfettamente<br />

chiaro, assolutamente univoco, completamente intelligibile senza bisogno di<br />

conoscenze specifiche preliminari o extratestuali.<br />

Negli esempi che abbiamo esaminato la differenza tra la historiola ancora ambigua e<br />

il micro-racconto perfettamente autonomo si trova a coincidere con la differenza tra<br />

testi a due membri e testi a tre membri; ma bisogna sottolineare che si tratta di una<br />

coincidenza che non sembra avere alcuna necessità logica. E facile prevedere testi a<br />

due membri e tuttavia perfettamente univoci e autonomi. Le categorie classificatorie<br />

correntemente utilizzate per i wellerismi (distinzione tra wellerismo e citazione, tra<br />

"proverbio wellerizzato” e "wellerismo-apologo", tra testi a due elementi e testi a tre<br />

elementi ecc.) appaiono dunque insufficienti e chiedono di essere riformulate. Per<br />

farlo, e cioè per arrivare ad una classificazione adeguata, bisogna abbandonare le<br />

considerazioni che mescolano a caso i fatti linguistici e quelli extralinguistici, le<br />

osservazioni testuali e quelle extra-testuali ecc.<br />

E questa la ragione per cui ho ritenuto preferibile affrontare l'argomento piuttosto<br />

isolando dei testi "indissolubili e autonomi" che non affrontando la questione<br />

generale della distinzione tra "citazione” e "wellerismo". Aggiungerò che non intendo<br />

identificare il piccolo gruppo privilegiato dei "micro-racconti welleristici”né con il<br />

wellerismo né con il micro-racconto: ci sono wellerismi che non sono micro-racconti<br />

e micro-racconti che non sono wellerismi. In ogni caso, una definizione più rigorosa<br />

del wellerismo non potrebbe non mantenere un qualche valido rapporto con la<br />

nozione intuitiva e corrente da cui si sono prese le mosse, a meno che non si tratti di<br />

dissolverla in quanto del tutto infondata. Ma in quest'ultimo caso sarebbe del tutto<br />

arbitrario designare con il significante della nozione intuitiva un significato che se ne<br />

distacca totalmente.<br />

BIBLIOGRAFIA<br />

in cui si fa riferimento anche alla maggiore raccolta di wellerismi disponibile finora<br />

in Italia (GIOVANNI TUCCI, Dicette Polecenella, Silva, Milano 1966) e alla<br />

Recensione a tre voci che ne fecero A. L. COLAJANNI, G. PETTENATI e A.<br />

MANGO, in Problemi”, n. 9, Palermo, maggio-giugno 1968, pp. 419-27].

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