Una parola tira l'altra - AM Cirese
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stilistiche), e cioè non globalmente o intuitivamente ma attraverso<br />
scomposizioni e ricomposizioni a livello sintattico, semantico,<br />
ritmico-metrico e pragmatico.<br />
Ma c’era anche un impegno – assolutamente inutile, ora lo vedo – a cogliere<br />
la durevole validità delle analisi strutturali al di là delle facili mode<br />
strutturaliste, e il tentativo – altrettanto inutile – di suggerire che costrutti<br />
“brevi”, come appunto i proverbi e i wellerismi, fossero oggetti su cui ben<br />
avrebbero potuto “far prove di metodo“ quelli che (come scrissi nel 1967)<br />
troppo precipitosamente si lanciano ad applicare, più o meno ad<br />
orecchio, l'analisi strutturale, la teoria dell'informazione e simili, a<br />
grosse e complicate costruzioni linguistico-concettuali (romanzi<br />
moderni, per esempio. in cui le variabili sono innumerevoli) senza<br />
prima aver tentato, almeno per allenamento personale, più<br />
modeste ma più serie e fruttuose analisi su costruzioni elementari<br />
(in cui le variabili sono in numero limitato e più immediatamente<br />
controllabili).<br />
Anno accademico 1968-69: giorni di fuoco, Facoltà occupata. Un corso sui<br />
proverbi? E per giunta incentrato sulle strutture formali: contro la<br />
commovente ingenuità tardo ottocentesca, e oltre, che nei contenuti dei<br />
proverbi cercava la lotta di classe; con un po’ d’oltranzismo proclamavo che<br />
non importava che cosa i proverbi dicessero, ed era invece essenziale cercar<br />
di capire come facessero a dire quel che dicevano o dicono. Ma nonostante<br />
l’esecrata astrazione quelle lezioni non furono contestate, né finirono al rogo<br />
(si fa per dire) le dispense, né si svillaneggiò il programma d’esame pur se né<br />
lieve né ideologico 2 . Alta civiltà di Sardegna, pur nell’esplodere di tanto<br />
aggressive speranze, o forse effetto dell’espediente di cominciare il corso con<br />
l’esame di quel testo che dice: chi sa, fa, e chi non sa insegna.<br />
Ma sto divagando. Invece forse mette conto segnare che in quel corso<br />
paremiologico cercavo di mettere a frutto quel tanto di logica formale che<br />
m’era riuscito di imparare dalle dispense (ancora oggi per me carissime) di<br />
Ettore Casari: l’avevo già fatto l’anno prima, nel corso di Antropologia<br />
culturale dedicato alle Structures élémentaires de la parenté di Lévi-Strauss<br />
2 L’ho riletto da poco, grazie all’affetto degli antichi allievi che l’ha di<br />
recente ripubblicato: In-segnamenti di Alberto Mario <strong>Cirese</strong>, a cura di Pietro<br />
Clemente e Eugenio Testa, Cisu, Roma 2002, pp. 83-84. Luigi Leurini, grecista,<br />
mi scrive d’una tesi paremiografica da lui assegnata appunto per l’interesse<br />
suscitatogli da quel remoto corso.