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Il Giardino si riproduce - Studio Staff RU

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Capitolo 3 1981-1990<br />

Testimonianza di Gianluca Biggio<br />

P<strong>si</strong>cologo e P<strong>si</strong>canalista-Insegna P<strong>si</strong>cologia delle Organizzazioni presso l’Univer<strong>si</strong>tà della<br />

Tuscia, Viterbo.<br />

Conobbi lo <strong>Studio</strong> <strong>Staff</strong> nella metà degli anni Settanta. Frequentavo i primi ed<br />

entu<strong>si</strong>astici cor<strong>si</strong> di P<strong>si</strong>cologia a Roma quando un <strong>si</strong>gnore giovane e magro - ed un po’<br />

intellettuale come allora andava di moda - affiliato all’Univer<strong>si</strong>tà, mi propose di venire a<br />

lavorare presso questa struttura. <strong>Il</strong> mio ideale giovanile era di diventare uno p<strong>si</strong>cologo<br />

clinico e quella “cosa strana” che mi pareva la P<strong>si</strong>cologia applicata al lavoro non la capivo<br />

bene… e poi molti dicevano che era un lavoro a favore “dei padroni ”.<br />

Mi colpì, però, un ragionamento fattomi da quel <strong>si</strong>gnore magro e perseverante che<br />

<strong>si</strong> faceva chiamare “Beppe”, un ragionamento logico e stringente sulla chiarezza del ruolo<br />

profes<strong>si</strong>onale dello p<strong>si</strong>cologo del lavoro e sulla funzione strategica, nel bene e nel male, di<br />

quella disciplina all’interno della società. Sentivo, nelle sue parole, una serietà che non<br />

ritrovavo invece nei discor<strong>si</strong> apparentemente più nobili di tanti aspiranti intellettuali che<br />

allora circolavano un po’ dovunque. Nel pubblico, inoltre, vedevo già i segni di una confusa<br />

burocratizzazione della profes<strong>si</strong>one.<br />

Credo che deci<strong>si</strong> di cambiare, seppure in maniera non definitiva, il mio progetto<br />

clinico perché sentii nello <strong>Studio</strong> <strong>Staff</strong> la modernità che iniziava ad affacciar<strong>si</strong> nella società.<br />

Gli anni che seguirono e che passai presso lo <strong>Studio</strong> <strong>Staff</strong> - più o meno dal ‘78 allo ’83 -<br />

furono inten<strong>si</strong>, interessanti sul piano <strong>si</strong>a profes<strong>si</strong>onale <strong>si</strong>a e<strong>si</strong>stenziale. Silvano era un<br />

grande padre ma anche uno “stregone buono” o meglio un guru; tutti sentivano che lui<br />

aveva delle intuizioni importanti e sapeva “come fare”. Molti nelle grande aziende <strong>si</strong><br />

affidavano a lui e gli chiedevano risposte a problemi strutturali importanti e pre-epocali,<br />

come la fine del protezionismo statale che iniziava a profilar<strong>si</strong> all’orizzonte e che Silvano<br />

aveva intuito. Silvano e lo studio applicavano la P<strong>si</strong>cologia del Lavoro; ne rappresentavano<br />

in qualche modo, in<strong>si</strong>eme a pochi altri, la storia in Italia.<br />

Anna Rosa, una <strong>si</strong>gnora elegante e attiva che aveva visto cose importanti in<br />

Inghilterra, come il mitico Tavistock Institute e altro, portava un tocco di internazionalità<br />

in<strong>si</strong>eme ad una ulteriore apertura culturale.<br />

Lo <strong>Studio</strong> era anche un osservatorio sociale ed un luogo di discus<strong>si</strong>oni; Emanuele,<br />

selezionatore e filosofo, dedito con certo<strong>si</strong>na e solitaria opero<strong>si</strong>tà al lavoro, amava però<br />

riflettere su quanto vedevamo attraverso l’osservatorio antropologico culturale costituito<br />

dalle selezioni, da tutte quelle persone che <strong>si</strong> spostavano da una parte all’altra in cerca di<br />

soldi, sviluppo e un imponderabile anelito verso qualcosa che <strong>si</strong> cercava di capire. Ci <strong>si</strong><br />

confrontava anche con i colleghi giovani, <strong>si</strong>a interni che esterni, con curio<strong>si</strong>tà ed una certa<br />

pas<strong>si</strong>one per il “mestiere”.<br />

Lo <strong>Studio</strong> <strong>Staff</strong> è stato per me come una bottega rinascimentale dove <strong>si</strong><br />

praticavano le arti; praticandole le <strong>si</strong> imparava. Veri artigiani e veri apprendisti da cui ho<br />

appreso molto ed ai quali sono grato.<br />

Mi allontanai dallo <strong>Studio</strong> poco dopo i trent’anni, nel modo in cui può fare un<br />

giovane che non può sottrar<strong>si</strong> all’onda del nuovo. Nella maturità, forse, puoi valutare se<br />

entrare dentro o stare a lato del nuovo, ma da giovane talora è difficile sottrar<strong>si</strong>. Vidi, così,<br />

da dentro la nuova era della nascente liberalizzazione, che rimase poi relativamente<br />

incompiuta all’ombra dell’assetto oligopolistico della struttura produttiva nazionale. Negli<br />

anni che seguirono <strong>si</strong> videro la commercializzazione e la serializzazione della consulenza e<br />

della formazione; sempre meno maestri e sempre più pacchetti somministrati all’insegna di

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