Il Giardino si riproduce - Studio Staff RU
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“Sono Matilde Marandola, <strong>Studio</strong> <strong>Staff</strong>”.<br />
“Molto piacere, Carla Guiducci Bonanni”.<br />
181<br />
Capitolo 4 1991-2000<br />
Testimonianza di Giuseppe Vitiello<br />
Institute d’Etude de Securité de l’Union européenne – Parigi<br />
Un giorno, se mai qualcuno scriverà una storia delle biblioteche italiane a fumetti,<br />
non mancherà di inserire da qualche parte questa scena all’interno del capitolo<br />
ipoteticamente intitolato “L’età delle riorganizzazioni (mancate?)”. Almeno dal mio punto<br />
di vista, fu infatti deci<strong>si</strong>vo l’incontro tra la giovane funzionaria dello <strong>Studio</strong> <strong>Staff</strong>, se non<br />
erro al suo primo incarico di rilievo, e una delle più acute e argute bibliotecarie che abbia<br />
mai conosciuto, la quale, oltre che per la sua forte personalità, merita di essere menzionata<br />
per essere stata direttrice della Biblioteca nazionale centrale di Firenze.<br />
Siamo nel settembre 1991 e, su un progetto finanziato dalla Commis<strong>si</strong>one europea,<br />
lo <strong>Studio</strong> <strong>Staff</strong> era stato chiamato a riorganizzare la compagine delle biblioteche nazionali<br />
centrali italiane di Roma e di Firenze, nonché la fornitura dei servizi bibliografici. <strong>Il</strong><br />
problema era prima di tutto istituzionale e organizzativo (chi fa che cosa? quando? come?),<br />
ma era diventato inestricabile in virtù di una selva di decreti ministeriali e di leggine<br />
succes<strong>si</strong>ve approvati appunto per favorirne la risoluzione. Durata dello stallo: centotrenta<br />
anni.<br />
A sbrogliare il nodo secolare era stata dunque chiamata una persona alle prime<br />
armi senza alcuna esperienza bibliotecaria, dall’aria interessata e attenta, ma la cui presenza<br />
non mancava di suscitare reazioni ironiche tra gli addetti ai lavori e alcune maligne<br />
osservazioni sulla destinazione degli investimenti dell’Europa comunitaria in Italia. (Posso<br />
permettermi di citare queste opinioni, perché all’epoca, lo confesso con un po’ di<br />
imbarazzo, le condividevo tutte). Marandola era però accompagnata da un distinto <strong>si</strong>gnore,<br />
Fabrizio Del Lungo, romano ma manco a farlo apposta di origini fiorentine, in cui rigore e<br />
sapere erano corredati da due caratteri peculiari che all’epoca contavano molto sul mercato<br />
del lavoro: la qualifica di ingegnere e i capelli grigi.<br />
La cultura bibliotecaria del 1991 era tecnica, amministrativa e tecnologica, ma<br />
disperatamente priva di nozioni organizzative. Essa cambierà nel corso degli anni, ma<br />
allora se ne stava arroccata nella sua impenetrabile circolarità di leggine, decreti e regole<br />
catalografiche. Dovette apparire però interessante ai due di <strong>Studio</strong> <strong>Staff</strong>, che la<br />
reinterpretarono a più riprese in forma di diagrammi, di organigrammi e di tavole di<br />
riepilogo presentati in interminabili riunioni, senza molto costrutto.<br />
Nel dicembre dello stesso anno maturò il colpo di mano. <strong>Il</strong> complotto fu<br />
ambientato, come da manuale, in locali cupi e mal riscaldati, tra i sussurri carbonari di<br />
pochi addetti ai lavori animati delle migliori intenzioni. La rivoluzione copernicana<br />
con<strong>si</strong>steva in questo: e se <strong>Studio</strong> <strong>Staff</strong>, invece di far<strong>si</strong> interprete di felpate e inconcludenti<br />
letture della Gazzetta Ufficiale, avesse introdotto la carica dirompente della sua teoria del<br />
management?<br />
Ecco dunque l’ingegnere Del Lungo e la geniere Marandola (perché installatrice di<br />
esplo<strong>si</strong>ve miscele manageriali) far<strong>si</strong> emuli di Frederick Taylor e del suo management<br />
scientifico e, cronometro, tabelle di costi e tabulari ministeriali alla mano, dedicar<strong>si</strong> alla<br />
misurazione dei tempi, alla definizione degli output, al calcolo dei costi. <strong>Il</strong> metodo può<br />
sembrare rozzo per coloro che, per dirla con Gareth Morgan, concepiscono le<br />
organizzazioni come organismi biologici, <strong>si</strong>stemi politici, cervelli, flus<strong>si</strong>, o anche come<br />
prigioni p<strong>si</strong>chiche. Era però un approccio minimale che mostrava bene quanto fossero di