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Il Giardino si riproduce - Studio Staff RU

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<strong>Studio</strong> <strong>Staff</strong>: quaranta anni di consulenze in un’Italia che cambia<br />

venivano citati anche la foresta, i suoi abitanti e le regole che mantenevano quel <strong>si</strong>stema in<br />

equilibrio.<br />

Terminate le riunioni più creative mi interrogavo su come sarei riuscita a mettere<br />

da parte leoni e giraffe per calare, senza nulla togliere alla ricchezza concettuale, le ipote<strong>si</strong><br />

che andavano emergendo entro schemi e linguaggi amministrativi, contrattuali che,<br />

peraltro, a volte <strong>si</strong> attardavano a prendere a riferimento <strong>si</strong>tuazioni di lavoro e modi di<br />

sentire tipici di periodi ormai passati e che noi avevamo sostituito con <strong>si</strong>stemi individuali e<br />

collettivi di saperi, <strong>si</strong>stemi di conoscenze e <strong>si</strong>stemi aziendali che evolvono verso il<br />

disordine, fino all’estinzione, in assenza di innovazioni.<br />

Se non ricordo male, quello che destò maggiori sospetti e pochi consen<strong>si</strong> fu<br />

l’interpretazione del rapporto di lavoro, come rapporto di scambio fra l’individuo e<br />

l’organizzazione in cui gli oggetti scambiati potevano essere diver<strong>si</strong>.<br />

L’individuo, attraverso la ces<strong>si</strong>one del suo tempo, poteva ricercare nello scambio<br />

con la organizzazione di lavoro prevalentemente danaro, oppure potere, oppure il risparmio<br />

del proprio tempo. Ne derivava una idea di soggettività che turbava soprattutto i <strong>si</strong>ndacati o<br />

le Amministrazioni che, come la Direzione generale del collocamento del Ministero del<br />

Lavoro, era istituzionalmente deputata ad as<strong>si</strong>curare la standardizzazione tramite l’utilizzo<br />

di una graduatoria derivante dalla cronologia nell’iscrizione e, per certi ver<strong>si</strong>, l’indifferenza<br />

delle caratteristiche soggettive dell’individuo rispetto al lavoro.<br />

La ricerca che facemmo con <strong>Studio</strong> <strong>Staff</strong> ebbe comples<strong>si</strong>vamente parecchio<br />

successo e per un periodo abbastanza lungo, io finii con l’essere identificata come la<br />

ricercatrice delle fasce di profes<strong>si</strong>onalità.<br />

Seguirono succes<strong>si</strong>vamente altri sviluppi ed applicazioni, da parte dell’ISFOL<br />

stesso, che estese ad altri settori economici l’indagine che <strong>Studio</strong> <strong>Staff</strong> testò solo in contesti<br />

industriali, della Confindustria, che, attraverso una estesa indagine empirica, <strong>si</strong> avviò a<br />

definire gli Archetipi Profes<strong>si</strong>onali.<br />

La ricerca condotta con <strong>Studio</strong> <strong>Staff</strong> in quei primi anni ottanta, un secolo fa, ebbe<br />

importanza nel tentativo di configurare un <strong>si</strong>stema di formazione profes<strong>si</strong>onale continua,<br />

riferito ad una griglia di profes<strong>si</strong>onalità che rispecchiava la organizzazione del lavoro<br />

dell’epoca, anche basata su contratti di lavoro che assumevano acriticamente la<br />

indeterminazione del rapporto fra datore di lavoro e dipendente.<br />

Come sarebbe oggi una ricerca che <strong>si</strong> ponesse gli stes<strong>si</strong> obiettivi di allora, cioè<br />

leggere e mettere ordine nelle politiche del lavoro? Avrebbe senso ricercare l’organicità e il<br />

risultato di <strong>si</strong>stema che allora perseguivamo?<br />

Una ricerca del genere oggi <strong>si</strong> troverebbe a fare i conti con la grande mutevolezza<br />

delle occupazioni e dei percor<strong>si</strong> da molti identificati con precarietà del rapporto di lavoro,<br />

al fine di garantire agli aleatori dipendenti, non solo ai giovani in cerca di occupazione, un<br />

<strong>si</strong>stema culturale di base capace di supportare le ricorrenti nuove esperienze lavorative.<br />

Dovrebbe altresì fare i conti con alcune altre evidenze.<br />

<strong>Il</strong> cambiamento fles<strong>si</strong>bile che cambia le istituzioni in modo deci<strong>si</strong>vo<br />

(irrevocabile?) facendo sì che la discontinuità <strong>si</strong>a diventata un valore.<br />

L’idea è che la gestione discontinua, promossa dalle reti aperte che sostituiscono il<br />

tipo di organizzazione di cui noi parlavamo, favorisca l’innovazione permanente.<br />

<strong>Il</strong> reengineering è la preoccupazione prevalente dei capi.<br />

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