Il Giardino si riproduce - Studio Staff RU
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<strong>Studio</strong> <strong>Staff</strong>: quaranta anni di consulenze in un’Italia che cambia<br />
sperimentato direttamente, che essere il motore di una nuova impresa di know how avrebbe<br />
comportato molti rischi e soprattutto un processo di “accumulazione originario” di<br />
conoscenze e di capitali molto lungo e difficile. Nel frattempo avevo messo su famiglia da<br />
poco e quindi avevo nuovi bisogni e nuovi affetti a cui badare ed ai quali non potevo<br />
sottrarmi. Era la metà degli anni novanta, davvero, per me, un altro secolo, con tanti ricordi<br />
tanta storia ed un futuro ancora da costruire, almeno il mio.<br />
Fu in questa <strong>si</strong>tuazione, con questo vissuto e queste idee, del presente e del futuro,<br />
che deci<strong>si</strong> di ricontattare Emanuele di Castro e lo <strong>Studio</strong> <strong>Staff</strong>. Ai miei occhi, ma non solo,<br />
era una società che era sul mercato della Consulenza di Direzione Aziendale da molti anni<br />
(già allora da qua<strong>si</strong> trenta anni), era italiana e quindi con un approccio culturale non<br />
americano (attributo per me molto importante dopo aver conosciuto gli americani lavorando<br />
nelle loro multinazionali), era indipendente ovvero controllata e gestita completamente da<br />
soci lavoratori, costruiva ed erogava i suoi prodotti e servizi con un approccio “artigianale”<br />
(nel senso migliore del termine), c’era una gestione economica dei progetti e del bu<strong>si</strong>ness<br />
“trasparente”, (parlo del loro modo di pre<strong>si</strong>diare il bu<strong>si</strong>ness della consulenza di direzione<br />
aziendale e della formazione manageriale). Ancora, ricordo che c’era una scarsa vocazione<br />
commerciale dei suoi profes<strong>si</strong>onisti e conseguentemente non <strong>si</strong> percepiva né vedeva la<br />
presenza di una struttura commerciale dedicata alla vendita ed alla commercializzazione dei<br />
servizi e dei prodotti della consulenza di direzione aziendale. Erano tutti attributi aziendali<br />
po<strong>si</strong>tivi che, per me, spiegavano, in po<strong>si</strong>tivo ed in negativo, la dimen<strong>si</strong>one della azienda<br />
(che non a caso <strong>si</strong> chiamava e <strong>si</strong> comportava come uno “<strong>Studio</strong>”), la sua capacità di tenuta<br />
in un mercato ormai divenuto difficile per svariate ragioni che conoscevo bene perché lo<br />
avevo studiato attentamente fino ad allora. Infine, pensavo, mi avevano già conosciuto ed<br />
apprezzato, perché non provarci di nuovo con “loro”? In fondo le mie competenze<br />
profes<strong>si</strong>onali, la mia storia, i miei valori, la mia sen<strong>si</strong>bilità sociale, le discipline<br />
aziendalistiche che meglio conoscevo e pre<strong>si</strong>diavo <strong>si</strong> potevano integrare con le loro,<br />
eravamo e li sentivo, in molte cose, complementari. Arrivavo poi in un momento della<br />
storia dello <strong>Studio</strong> <strong>Staff</strong> in cui i soci Fondatori, Silvano ed Emanuele soprattutto, cercavano<br />
da tempo degli eredi, qualche “lutto” profes<strong>si</strong>onale da elaborare e superare (in gergo <strong>si</strong><br />
chiamano “spin off”), nuove risorse per costruire e consolidare il futuro dell’ azienda ed<br />
ottenere quei riconoscimenti dal “mercato” che la “qualità” delle prestazioni profes<strong>si</strong>onali<br />
da loro erogate meritavano. Fu in questo contesto che cominciai a lavorare devo dire<br />
fi<strong>si</strong>camente e profes<strong>si</strong>onalmente in<strong>si</strong>eme ad Emanuele, quando <strong>si</strong> trattava di andare a<br />
vendere e/o di fare del “cross selling” con i clienti dello “<strong>Studio</strong>”, a Fabrizio quando <strong>si</strong><br />
trattava di condividere le prestazioni profes<strong>si</strong>onali o progettare nuove proposte<br />
profes<strong>si</strong>onali. Ci eravamo dati due anni di sperimentazione per diventare entrambi,<br />
Fabrizio, Emanuele e Silvano da una parte, ed io dall’altra, soci lavoratori dello <strong>Studio</strong><br />
<strong>Staff</strong>. Dopo qua<strong>si</strong> due anni, anche questo tentativo fallì in un ristorante vicino allo <strong>Studio</strong><br />
<strong>Staff</strong>. Silvano mi invitò, con molta discrezione, a pranzo e mi disse che il progetto non era<br />
più realizzabile perché aveva scoperto, a mia insaputa, credo attraverso una autonoma<br />
indagine bancaria non so da chi promossa, che un mio assegno, (di circa ottocentomilalire<br />
se non ricordo male) era stato protestato. Non mi chiese, l’importo, come e perché fu<br />
protestato quell’assegno, nè se c’erano altre complicazioni, civili, penali, finanziarie, etc.<br />
derivanti dal mio rapporto profes<strong>si</strong>onale con la società di cui ero stato precedentemente<br />
socio-lavoratore che era fallita.<br />
Io capii, in parte, la sua preoccupazione ma non condivi<strong>si</strong> la sua deci<strong>si</strong>one, anzi ne<br />
fui amareggiato ed umiliato. Ritenevo che lo <strong>Studio</strong> <strong>Staff</strong> comunque, da me non avrebbe,<br />
nel presente e nel futuro, subito danni materiali ed immateriali. Le quote della società,<br />
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