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Il Giardino si riproduce - Studio Staff RU

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<strong>Studio</strong> <strong>Staff</strong>: quaranta anni di consulenze in un’Italia che cambia<br />

dell’esperto. Qua<strong>si</strong> mai mi sono fatto “illu<strong>si</strong>oni”. Spero proprio di non sbagliarmi se dico<br />

che questo lo devo a quella complicata e così particolare apertura iniziale. Nella vita<br />

profes<strong>si</strong>onale la porta di ingresso conta moltis<strong>si</strong>mo.<br />

Tutto questo accadeva perché lo <strong>Studio</strong> <strong>Staff</strong> <strong>si</strong> po<strong>si</strong>zionava, in<strong>si</strong>eme a pochi altri,<br />

in quella fascia aulica del consulting direzionale italiano che in quegli anni rappresentava la<br />

punta di diamante dell’approccio “colto” sprovincializzato e profes<strong>si</strong>onale alle tematiche<br />

del cambiamento organizzativo. Quando gran parte del lavoro culturale di formazione e di<br />

trasformazione degli uomini di impresa più evoluti avveniva dentro i circuiti consulenziali<br />

piuttosto che nelle univer<strong>si</strong>tà e nelle scuole di management. Ricordo quel periodo, fine<br />

settanta ed inizio ottanta, come una fase di grandi trasformazioni nel mondo delle imprese.<br />

Qua<strong>si</strong> una svolta rivoluzionaria. <strong>Il</strong> declino prima ancora economico che sociale delle forme<br />

più conseguenti del taylorismo italiano <strong>si</strong> faceva evidente. Anche perché vacillavano ormai<br />

i suoi presupposti sociali ed imprenditivi.<br />

Entravano in cri<strong>si</strong> nelle Imprese, contemporaneamente, proces<strong>si</strong> tecnici<br />

consolidati, modelli manageriali, forme di conflitto e di regolazione sociale, tecnologie di<br />

prodotto. Inoltre già <strong>si</strong> profilava, con ampi segnali, per tante aziende cresciute con le grandi<br />

commesse pubbliche, quella che sarebbe stata poi, alla fine degli anni ottanta, la cri<strong>si</strong> del<br />

mercato domestico.<br />

Questa ristretta elite profes<strong>si</strong>onale di cui lo <strong>Studio</strong> <strong>Staff</strong> faceva parte, <strong>si</strong> legava ai<br />

grandi progetti di riorganizzazione e di sviluppo manageriale che caratterizzarono<br />

quell’epoca che, pur rappresentando per molti ver<strong>si</strong> una delle più feconde ed estese fa<strong>si</strong> di<br />

rinnovamento ed innovazione manageriale attraversata da questo Paese, non mantenne in<br />

seguito tutte le sue promesse, per tante ragioni che sarebbe qui fuori luogo riprendere.<br />

Penso ai grandi progetti Olivetti, Ansaldo, Alfa Romeo, Terni, Ital<strong>si</strong>der, Mondatori,<br />

Aeritalia.<br />

Ma in che cosa con<strong>si</strong>steva il carattere distintivo di questo livello di consulting<br />

direzionale che, indipendentemente dalla sua collocazione temporale, potrebbe essere<br />

utilizzato anche oggi come un cluster in base al quale misurare le operazioni di qualità ?<br />

Mi sembra che l’esperienza emblematica di notevole spessore dello <strong>Studio</strong> <strong>Staff</strong> e<br />

la sua storia quarantennale, fondino, un modello profes<strong>si</strong>onale di intervento nelle<br />

organizzazioni che definirei a “grande den<strong>si</strong>tà”.<br />

In primo luogo perché, diversamente da quanto avviene per esempio oggi, almeno<br />

nella maggior parte dei ca<strong>si</strong>, tiene in<strong>si</strong>eme il momento della elaborazione concettuale<br />

originale con quello dell intervento operativo. Nel senso che <strong>si</strong> sforza, per vocazione e per<br />

neces<strong>si</strong>tà, di ricercare costantemente una reciproca influenza tra scelte culturali, ottiche di<br />

osservazione e natura del problema da affrontare, operando, via via, un mutuo adattamento<br />

tra questi bordi.<br />

Quanti format di leadership, oggi in voga, che <strong>si</strong> offrono al mercato come<br />

produzioni nuove ed originali della società della conoscenza hanno nel loro apparato<br />

genetico questa dimen<strong>si</strong>one di grande modernità? Mentre quel modello ad “alta den<strong>si</strong>tà”<br />

potrebbe essere definito, con il linguaggio odierno, senza esagerare di molto, cultura della<br />

comples<strong>si</strong>tà.<br />

C’è dietro questa logica e va riconosciuta, la fatica intellettuale ed operativa della<br />

ricerca delle soluzioni essenziali, andando al sodo. Fino alla dimen<strong>si</strong>one particolare e<br />

precipua del problema. Perché <strong>si</strong> crede, mi sembra che <strong>si</strong>a questo il succo, che,<br />

contrariamente a quanto comunemente <strong>si</strong> pensa, solo l’esplorazione originale del<br />

fenomeno porti prima o poi alla concretezza delle risposte. Non il senso comune.<br />

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