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Il Giardino si riproduce - Studio Staff RU

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<strong>Studio</strong> <strong>Staff</strong>: quaranta anni di consulenze in un’Italia che cambia<br />

conoscere anche Cristiana. <strong>Studio</strong> <strong>Staff</strong> entra così sempre più di prepotenza nel les<strong>si</strong>co delle<br />

nostre uscite. “Che <strong>si</strong> dice a <strong>Studio</strong> <strong>Staff</strong>”?: Silvano, Fabrizio, Emanuele, Mas<strong>si</strong>mo de Luca,<br />

Mondelli, Aurora diventano nomi familiari. Nel mio immaginario era già allora un punto di<br />

arrivo.<br />

L’occa<strong>si</strong>one nasce con l’avvio di alcuni cor<strong>si</strong> di formazione a Sorrento. Matilde mi<br />

procura un appuntamento, stabiliamo una collaborazione che va avanti per diver<strong>si</strong> me<strong>si</strong>.<br />

Ridivento collega di Matilde. <strong>Il</strong> mio cammino “strutturato” con <strong>Studio</strong> <strong>Staff</strong><br />

comincia allora… a Sorrento. Vengo assunta a giugno del 1994, come ama ricordare<br />

Giovanni: questa data appartiene a entrambi. Questi quattordici anni?<br />

Sono coinci<strong>si</strong> con eventi importanti: cri<strong>si</strong> politiche, globalizzazione, perva<strong>si</strong>vità<br />

della tecnologia, figli, età adulta…incontro con persone importanti, progetti grandi e<br />

piccoli, sconfitte, succes<strong>si</strong>.<br />

Sono già passate le nove, addio speranze di poter scrivere qualcosa, non appena<br />

varcherò la soglia dell’ufficio ci sarà da lavorare a pieno ritmo. Entro di corsa nel palazzo<br />

(quello giusto, questa volta) di via Bracco, passo velocemente davanti alla guardiola,<br />

salutando con un’occhiata cordiale Enzo il custode, che svogliatamente (che strano!)<br />

ricambia il saluto. Qualcuno sta uscendo dall’ascensore, mi affretto e con un rapido scatto<br />

riesco, nonostante i tacchi alti, ad entrare nella cabina. Meno male, è tutto tempo<br />

guadagnato! Tra i tanti (sempre troppi!) occupanti dell’ascensore scorgo il volto amico di<br />

Giovanni. Faccio per salutarlo con affetto ma anche lui, come Enzo il custode poc’anzi,<br />

risponde solo con un rapido cenno al mio saluto. Finalmente, dopo varie soste, <strong>si</strong> arriva al<br />

quarto piano, il “nostro” piano. Scendo, Giovanni mi segue, suono distrattamente il<br />

campanello, la porta <strong>si</strong> apre, entro distrattamente, ma una grossa sorpresa mi attende:<br />

decine di persone sedute aspettano il loro turno su sedie allineate ai muri, mentre una<br />

segretaria al bancone è intenta a smistare le prenotazioni e <strong>si</strong> rivolge a me con un malcelato,<br />

nervoso: “prego, ha un appuntamento?”; dietro di me Giovanni – sempre senza rivolgermi<br />

la parola – <strong>si</strong> affretta ad aprire un ripostiglio ... comincio a sentirmi male: forse – penso –<br />

mi sarò confusa e sono capitata nel laboratorio di anali<strong>si</strong> del piano di sotto. Faccio per<br />

uscire, quando mi rendo conto che la segretaria è lei, Aurora! Che ci fa qui, come mai non<br />

mi ha riconosciuta? Eppoi – rifletto – come è pos<strong>si</strong>bile che Giovanni mi abbia appena<br />

salutata, senza dare il via alla benché minima conversazione? In preda al panico più totale,<br />

proprio mentre cerco in me la forza per tirare fuori quel filo re<strong>si</strong>duo di voce che mi resta per<br />

chiedere spiegazioni, <strong>si</strong> apre la porta dello studio principale e vedo uscire in camice bianco<br />

– discutendo animatamente tra loro sulle caratteristiche di un femore analizzato attraverso<br />

una lastra radiografica – quelli che sembrerebbero essere due medici. Mi soffermo ad<br />

osservarli meglio e – sto per svenire – sono loro: De Luca e Mondelli. Mi giro, esco di<br />

scatto dalla stanza, cerco confusamente nella tasca del cappotto il cellulare alla ricerca,<br />

nella rubrica, del numero di Matilde. Ho evidentemente bisogno di essere ras<strong>si</strong>curata dalla<br />

mia amica. Niente, il suo numero sembra sparito, volatilizzato in<strong>si</strong>eme all’intera struttura di<br />

<strong>Studio</strong> <strong>Staff</strong>. Scendo le scale di corsa e, al piano inferiore, lo sguardo cade sulla targa della<br />

porta a <strong>si</strong>nistra: <strong>Studio</strong> <strong>Staff</strong>. Un tuffo al cuore, che bello … è quello il momento in cui il<br />

seguente pen<strong>si</strong>ero esplode con muto fragore nella mia mente: cosa sarebbe, cosa<br />

potrebbe mai essere stata la mia vita senza lo <strong>Studio</strong> <strong>Staff</strong>…?<br />

La porta è socchiusa, entro trionfante pronta a raccontare a tutti l’accaduto,<br />

spalanco la porta con la solita veemenza, vedo tutti lì, di fronte a me, come se stessero<br />

aspettandomi da anni, tutti i miei colleghi, faccio un passo verso di loro ma il pavimento è<br />

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