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atti del Convegno internazionale, Firenze, 16-17 ... - ICCU - Sbn

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302<br />

Costis Dallas<br />

Howard Besser come “il problema <strong>del</strong>l’interrelazione” 6 . Tutti procediamo<br />

dall’assunto di poter garantire la conservazione digitale<br />

attraverso la creazione di oggetti incapsulati, atomici, contenenti<br />

surrogati digitali, precisi e stabili, accompagnati da metadati correttamente<br />

annotati. Ma il valore di testimonianza, o di altra natura, di<br />

questi oggetti risiede in gran parte nell’interrelazione con altri oggetti,<br />

e nella loro relazione con i sistemi di consultazione (sistemi<br />

enciclopedici, terminologici o di altra natura), e niente di tutto ciò<br />

può essere incapsulato all’interno di documenti atomici e interoperativi.<br />

Tutto ciò rappresenta indubbiamente una sfida di grande<br />

portata.<br />

Il secondo punto riguarda il rapporto tra conservazione e accesso.<br />

Che si debba assicurare la conservazione di lungo periodo <strong>del</strong>le<br />

risorse culturali e che abbia senso sfruttare a questo scopo le tecnologie<br />

<strong>del</strong>l’informazione è qualcosa di alquanto ovvio. La memoria<br />

culturale è inf<strong>atti</strong>, a tutti gli effetti, un prerequisito per il progresso<br />

<strong>del</strong>le scienze umane, e per la continuità <strong>del</strong>l’esperienza culturali<br />

che le generazioni future avranno modo di vivere grazie al<br />

moltiplicarsi dei canali di comunicazione e interazione digitali. Tuttavia,<br />

si tende spesso a operare una scissione completa tra l’obiettivo<br />

strategico <strong>del</strong>la conservazione digitale e quello <strong>del</strong>le pratiche e<br />

dei requisiti di accesso. Un simile approccio “blindato” alla conservazione<br />

è decisamente criticabile, perché in campo digitale conservazione<br />

e accesso sono da intendersi come le due facce di una<br />

stessa medaglia, come due questioni che necessitano di politiche<br />

integrate - per le ragioni che mi appresto a illustrare.<br />

Innanzitutto, la creazione di meccanismi e contesti integrati capaci<br />

di garantire l’accesso diffuso alle risorse culturali digitali è forse<br />

l’unica strategia possibile per mantenere in vita le nostre memorie<br />

digitali; mantenendo allo stesso tempo sotto controllo, se non<br />

riducendo al minimo, l’inevitabile scarto semantico tra l’organizzazione<br />

concettuale degli archivi digitali e la prospettiva intellettuale<br />

degli utenti <strong>del</strong> futuro, destinata a mutare. È chiaro, inf<strong>atti</strong>, che i<br />

nodi teorici e gli interessi <strong>del</strong>la società cambieranno nel tempo, ma<br />

sarà molto più facile monitorare il cambiamento se le risorse sono<br />

usate in modo continuativo. Anche se fossimo in grado, in partenza,<br />

di sviluppare rappresentazioni simboliche perfette degli oggetti<br />

6 BESSER, HOWARD, 2000. “Digital Longevity”. In Handbook for Digital Projects: A Management<br />

Tool for Preservation and Access, edited by Maxine Sitts. Andover, Mass.: Northeast<br />

Document Conservation Center, p. 155-<strong>16</strong>6.

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