atti del Convegno internazionale, Firenze, 16-17 ... - ICCU - Sbn
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Ab<strong>del</strong>aziz Abid<br />
grigia), pari a 230 tb; le pubblicazioni in forma di Cd e Dvd, pari a<br />
31 tb; le opere cinematografiche, circa <strong>16</strong> tb e, infine, le produzioni<br />
radio, pari a 800 tb e quelle televisive, pari a 14.000 tb. Il web stesso<br />
può essere stimato equivalente a 150 terabyte. L’<strong>atti</strong>vità privata di<br />
scambio di posta elettronica occupa un volume molto maggiore di<br />
quello <strong>del</strong> web e raggiunge il valore di 10.000 o 20.000 terabyte<br />
l’anno. È importante specificare che queste stime non sono comprensive<br />
degli enormi database scientifici, ciascuno pari a diverse<br />
centinaia di terabyte, che vengono comunemente chiamati “web<br />
profondo”.<br />
Il problema <strong>del</strong> volume è un problema centrale e che, da un punto<br />
di vista strettamente tecnologico, non sarà impossibile risolvere.<br />
Con l’avanzare <strong>del</strong> progresso informatico, inf<strong>atti</strong>, la capacità dei<br />
supporti di archiviazione è in continuo aumento e i costi per megabyte<br />
si riducono.<br />
Stando così le cose, tutta questa produzione si presta a diventare<br />
patrimonio? E se anche fosse così, quali strade dovrebbe seguire,<br />
quali trattamenti dovrebbe subire prima di entrare nella sfera <strong>del</strong> patrimonio?<br />
È qualcosa da lasciare al caso, allo sviluppo tecnologico e<br />
alla robustezza degli strumenti necessari per creare le opere e garantirne<br />
l’esistenza in vita, o dovrebbe essere il risultato di un processo<br />
di conservazione <strong>del</strong>iberato e controllato?<br />
Se prendiamo in considerazione i prodotti dei programmi di digitalizzazione<br />
<strong>del</strong>le istituzioni culturali, ci muoviamo su un terreno<br />
familiare: le opere in questione sono ben definite, identificabili, indicizzate,<br />
anche se le tecniche specialistiche impiegate non ci risultano<br />
ancora <strong>del</strong> tutto familiari. Nella pratica, le operazioni di digitalizzazione<br />
possono essere appannaggio <strong>del</strong>le istituzioni stesse e di dipartimenti<br />
specializzati creati ad hoc, o possono essere appaltate a fornitori<br />
esterni di servizi, soprattutto quando la strumentazione tecnicanecessaria<br />
comporta grandi investimenti in un universo tecnologico<br />
tuttora instabile, come è oggi il caso <strong>del</strong>la realizzazione di copie digitali<br />
<strong>del</strong>le raccolte audiovisive.<br />
Queste operazioni possono essere effettuate in modo sistematico<br />
al momento <strong>del</strong>l’acquisizione di nuove opere, che quindi arricchiscono<br />
le collezioni già esistenti, oppure si può dare priorità alla digitalizzazione<br />
<strong>del</strong>le vecchie collezioni, dopo averne effettuato una stima<br />
e stabilito una strategia di selezione.<br />
La strategia di selezione dovrebbe permettere di definire le priorità<br />
in base a tre tipologie di criteri: criterio tecnico (per esempio, digitalizzare<br />
i fondi più fragili), criterio di contenuto (concentrare