atti del Convegno internazionale, Firenze, 16-17 ... - ICCU - Sbn
atti del Convegno internazionale, Firenze, 16-17 ... - ICCU - Sbn
atti del Convegno internazionale, Firenze, 16-17 ... - ICCU - Sbn
You also want an ePaper? Increase the reach of your titles
YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.
60<br />
Cary Karp<br />
Si tratta di un aspetto estremamente insidioso. Non basta registrare<br />
un oggetto digitale su un supporto materiale, per tradurre<br />
l’impegno che i musei devono dedicare al patrimonio digitale nel<br />
lavoro familiare di conservazione di oggetti materiali. La documentazione<br />
digitale degli oggetti materiali non esaurisce i compiti dei<br />
musei relativa ai beni culturali digitali. È questo un terreno aperto<br />
di sfide. I principi museologici consolidati possono, e devono, essere<br />
estesi alle <strong>atti</strong>vità digitali, non soltanto ai singoli oggetti digitali,<br />
ma anche alle collezioni: si tratta di sviluppare il concetto di museo<br />
digitale. E cioè di un’agenzia che si presenta nell’ambiente di<br />
rete in modo <strong>del</strong> tutto simile a quello nel quale un museo tradizionale<br />
si presenta nello stesso ambiente, ma che si occupa di esibire<br />
materiali totalmente privi di corporeità. Una struttura che non possiede<br />
oggetti materiali da cui estrarre documenti digitali, ma che<br />
può includere anche i documenti digitalizzati nelle proprie collezioni.<br />
Già esiste, in effetti, un buon numero di agenzie che espone<br />
su Internet collezioni di materiali digitalizzati o creati in digitale,<br />
definendosi spesso metaforicamente “museo virtuale”.<br />
Come dovrebbe porsi, l’establishment dei musei, profondamente<br />
legato alla tradizione <strong>del</strong>la materialità, nei confronti di questi neofiti<br />
dal “click” facile? E come collocare l’ubiquità <strong>del</strong> “clicca qui” nel<br />
contesto dei musei tradizionali? Un luogo comune ormai molto<br />
diffuso dice: “su Internet nessuno sa che sei un cane”. Adattando<br />
la frase a un problema nuovo, che forse è tra i più sentiti per noi<br />
presenti qui oggi, si potrebbe dire: “su Internet nessuno sa che sei<br />
un membro riconosciuto <strong>del</strong>la comunità che gestisce il patrimonio”.<br />
E quindi nessuno sa se può fidarsi <strong>del</strong>la qualità e autenticità<br />
<strong>del</strong> materiale che pubblichiamo in rete.<br />
Occorre creare una zona di fiducia, nella quale le <strong>atti</strong>vità di chi<br />
gestisce il patrimonio possano ricevere visibilità, nella quale sia<br />
possibile e facile verificare la provenienza e autenticità <strong>del</strong> materiale<br />
messo a disposizione. Gli addetti ai lavori tendono a dimenticare<br />
che se a un esperto basta un rapido sguardo per valutare l’autenticità<br />
<strong>del</strong> sito web di un museo, la gran parte dei fruitori di Internet<br />
(una comunità davvero numerosa) non ha la stessa capacità di giudizio.<br />
Ci sono tanti modi per certificare l’integrità di un documento<br />
digitale o di un gruppo di documenti. Gli schemi di valutazione<br />
sono molti e in competizione tra loro. Tutti associano, in modo affidabile,<br />
il materiale all’agenzia o all’organizzazione che lo ha prodotto,<br />
ma non forniscono mai informazioni sull’agenzia stessa.