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Documento - Scuola Superiore di Studi Storici, Geografici ...

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II - ANTICRISTO E CHIESA ROMANA<br />

del Vermigli, facilmente identificabile con Una semplice <strong>di</strong>chiaratione sopra<br />

gli XII articoli della fede christiana, si intrecciano, anche esplicitamente, con<br />

le insistenti argomentazioni dell’Ochino sulla Chiesa come costruzione<br />

dell’Anticristo. Probabilmente, queste letture suggerite alla Staggia ebbero,<br />

anche solo attraverso il Gandolfi, una propagazione più consistente <strong>di</strong><br />

quanto risulti dai documenti. 261 Quanto al Gandolfi, si trattava questa volta<br />

d’un destinatario dell’opera <strong>di</strong> persuasione e <strong>di</strong> propaganda del Caran<strong>di</strong>ni<br />

e del Sighizzi sprovvisto degli strumenti che consentivano, invece, a<br />

Giovanni Battista Capello <strong>di</strong> controllare «le ragioni et authorita<strong>di</strong> della<br />

Scrittura» che <strong>di</strong> volta in volta gli venivano addotte. Questa assenza d’un<br />

personale filtro culturale fa delle informazioni date dal Gandolfi una fonte<br />

molto atten<strong>di</strong>bile, probabilmente unica, sui contenuti precisi <strong>di</strong> quelle<br />

«mille heresie» che Tommasino Lancillotti vedeva provenire da casa Caran<strong>di</strong>ni<br />

e propagarsi persino tra i conta<strong>di</strong>ni delle ville del Nonantolano,<br />

intorno alla Staggia. 262<br />

Gran parte delle affermazioni conseguenti all’assunzione del principio<br />

della fede giustificante che il Gandolfi sentiva pronunciare e <strong>di</strong>scutere alla<br />

Staggia – negazione del purgatorio, condanna delle messe votive, rifiuto<br />

1569: «Io non so leggere, ma hebbi uno libro picolo dal sudetto Caran<strong>di</strong>no, qual libro mi<br />

faceva legere da le done in qua e là».<br />

261 La denuncia del 1545, e poi il costituto del 10 marzo 1569, ricordano soltanto un<br />

«maestro Antonio cappellaro», nella cui casa il Gandolfi aveva portato i libri avuti dal Caran<strong>di</strong>ni.<br />

Ma anche le tracce <strong>di</strong> quest’altro popolano, originario <strong>di</strong> Novara, si perdono negli anni<br />

successivi, per ricomparire, se ho visto bene, soltanto nei processi contro il tessitore <strong>di</strong> lana<br />

Francesco Bor<strong>di</strong>ga e contro il falegname Francesco Secchiari (Modena, Archivio <strong>di</strong> Stato,<br />

Fondo Inquisizione, busta 5A, Processi 1568, «Liber undecimus»).<br />

262 LANCILLOTTI, Cronaca cit., VIII, p. 195. L’importanza del circolo della Staggia non è<br />

sufficientemente sottolineata negli stu<strong>di</strong> recenti. La denuncia <strong>di</strong> Caterina Gandolfi è, ch’io<br />

sappia, il documento più ricco sulle idee che vi si <strong>di</strong>scutevano. Ma testimonianze più particolari<br />

non sono rare. Un episo<strong>di</strong>o analogo a quello del Gandolfi riguarda Francesco <strong>di</strong> Ludovico<br />

Villanova, che nel marzo del 1568 confesserà al Morone: «Io ho creduto da più <strong>di</strong> 25<br />

anni in qua che non si trova altro purgatorio delli nostri peccati che Giesù Christo, et questo<br />

perché, havendo sentito un padre <strong>di</strong> S. Domenico della Mirandola che, legendo le epistole<br />

<strong>di</strong> S. Paolo in Domo qua in Modena et allegando alcune parole <strong>di</strong> S. Paolo alli hebrei,<br />

<strong>di</strong>sse che il nostro purgatorio siede alla destra del Padre et trovandomi io un giorno <strong>di</strong> poi<br />

nella villa detta la Stazza et rifferendo tali parole con messer Thomaso Caran<strong>di</strong>no detto Barbazza,<br />

cercassimo et trovassimo in S. Paolo a gli hebrei in vulgare simili parole, per il che io<br />

mi fermai et seguitai in detta opinione» (Modena, Archivio <strong>di</strong> Stato, Fondo Inquisizione, busta<br />

5A, Processi 1568, «Liber undecimus», processo Francesco Villanova, costituto del 25<br />

marzo 1568). L’episo<strong>di</strong>o risale alla primavera del 1541 e ai controversi effetti della pre<strong>di</strong>cazione<br />

<strong>di</strong> fra Bartolomeo Ghiselini della Mirandola, interlocutore del Renato e poi sospettato<br />

<strong>di</strong> eresia (CAMILLO RENATO, Opere cit., p. 87; MASSIMO FIRPO, DARIO MARCATTO, Il processo<br />

inquisitoriale cit., II, pp. 965-966).<br />

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