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Documento - Scuola Superiore di Studi Storici, Geografici ...

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II - ANTICRISTO E CHIESA ROMANA<br />

pre<strong>di</strong>sponendo ingannevoli congegni teorici e insinuando con successo<br />

falsi princìpi, antitetici ai presupposti essenziali del cristianesimo. Con gli<br />

anni, Lutero tornò sempre più frequentemente su questa <strong>di</strong>fferenza, insistendovi<br />

fino al limite della <strong>di</strong>ssociazione della propria azione dall’operato<br />

<strong>di</strong> Wyclif e <strong>di</strong> Hus. Nel 1533, <strong>di</strong>sse che tanto le idee <strong>di</strong> Wyclif (cioè il<br />

trattato De Christo et suo adversario Antichristo) quanto la pre<strong>di</strong>cazione <strong>di</strong><br />

Hus non avevano tenuto conto della <strong>di</strong>stinzione tra insegnamento e modo<br />

<strong>di</strong> vivere, tra corruzione della dottrina e corruzione dei costumi. A se<br />

stesso, invece, Lutero riven<strong>di</strong>cò il primato assoluto («non era ancora mai<br />

avvenuto ...») d’aver combattuto il papato non «sotto l’aspetto morale»,<br />

ma «sotto l’aspetto teologico»: la sua «vocazione» era stata quella <strong>di</strong> confutare<br />

l’insegnamento del papa e <strong>di</strong> contestarne «il regno e l’ufficio», non<br />

<strong>di</strong> condannare i costumi dei papisti, che del resto, <strong>di</strong>ceva, non sempre<br />

erano peggiori dei costumi <strong>di</strong> quanti pure si erano affrancati dalla tirannide<br />

romana; mutamenti e riforme nella prassi cristiana sarebbero necessariamente<br />

conseguiti alla confutazione della dottrina; e concludeva: «Io ho<br />

vinto, e non ho vinto in altro modo che insegnando giustamente». 68 Insomma<br />

– quali che fossero, nel 1533, le ragioni per paventare gli effetti<br />

d’un rapporto imme<strong>di</strong>ato tra elaborazione dottrinale e scontro con la<br />

realtà – sta <strong>di</strong> fatto che agli inizi degli anni Trenta Lutero si <strong>di</strong>ceva convinto<br />

del principio secondo il quale rinnovata consapevolezza dottrinale<br />

significa <strong>di</strong> per sé rivolgimenti nella realtà e riforme.<br />

Un decennio prima – cioè negli anni decisivi della sua ribellione<br />

contro Roma, e decisivi anche per l’elaborazione e la <strong>di</strong>ffusione della tematica<br />

antiromana <strong>di</strong> cui ci stiamo occupando – Lutero non aveva né<br />

pensato né operato con atteggiamento mentale così scisso tra dottrina e<br />

realtà. Il problema è stato <strong>di</strong>scusso in passato e sarà <strong>di</strong>scusso probabilmente<br />

all’infinito. Sta <strong>di</strong> fatto che in quegli anni l’esposizione del pensiero <strong>di</strong><br />

Lutero fu sempre vigorosamente impastata <strong>di</strong> riscontri in una realtà antitetica.<br />

Non si tratta soltanto della violenta polemica sugli abusi nell’appello<br />

alla nobiltà tedesca – dove è spiegabile che la denuncia fosse martellante.<br />

La denuncia della corruzione <strong>di</strong> tutta la realtà ecclesiastica del<br />

tempo non era stata meno martellante quando, meno <strong>di</strong> due mesi prima,<br />

Lutero aveva contrapposto risolutamente la sua concezione della chiesa<br />

come invisibile comunità spirituale dei credenti alla Chiesa romana ridotta<br />

a realtà «esteriore e materiale», costruzione visibile fondata solo sui<br />

canoni e non sulle Scritture, e pertanto priva della capacità <strong>di</strong> assicurare<br />

68 WA, Tischreden, I, pp. 294-295.<br />

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