Documento - Scuola Superiore di Studi Storici, Geografici ...
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ANTONIO ROTONDÒ<br />
misura dell’entità del fenomeno e delle sue risonanze nella vita citta<strong>di</strong>na.<br />
Il 17 maggio 1546, un giovane studente svizzero destinato a grande rinomanza<br />
nel mondo scientifico e politico europeo, Thomas Erastus, fece al<br />
teologo zurighese Konrad Pellikan un resoconto del genere <strong>di</strong> pre<strong>di</strong>cazione<br />
che aveva ascoltato a Bologna dal periodo dell’avvento fino al<br />
giorno stesso in cui scriveva. Riferiva che durante l’avvento, poi durante<br />
la quaresima e poi ancora durante gli otto giorni del capitolo dei domenicani,<br />
aveva visto succedersi sui pulpiti delle chiese bolognesi, seguìti da<br />
un gran concorso <strong>di</strong> folle, pre<strong>di</strong>catori dalle voci <strong>di</strong>scor<strong>di</strong>. Durante la quaresima<br />
aveva potuto ascoltare «quosdam in<strong>di</strong>ssimulanter impios, quosdam<br />
penitus pios nihil a veritate alienum <strong>di</strong>centes». Altri avevano pre<strong>di</strong>cato<br />
«via me<strong>di</strong>a incedentes, nunc bene, nunc me<strong>di</strong>ocriter, mox male iam optime<br />
<strong>di</strong>sputantes». Su tutti era prevalsa, suscitando emozione, la voce<br />
d’uno degli ultimi pre<strong>di</strong>catori al capitolo dei domenicani, che aveva parlato<br />
della predestinazione «<strong>di</strong>vinissime» (ed Erastus s’affrettava ad annotare<br />
che gli era sembrato si fosse espresso con parole tratte letteralmente da<br />
scritti <strong>di</strong> Zwingli). La voce più incisiva gli era parsa quella d’un agostiniano<br />
che, in una delle sue quaranta pre<strong>di</strong>che «de regno Dei», non aveva<br />
proferito – <strong>di</strong>ceva – una sola parola empia («nullum verbum impium»),<br />
ma soprattutto aveva parlato «docens sola gratia et misericor<strong>di</strong>a Dei in<br />
hoc regnum nos adoptari propter merita non nostra sed Christi, et hanc<br />
gratiam sola fiducia percipi posse intrepide affirmavit»; fra le altre sue<br />
pre<strong>di</strong>che una era stata particolarmente rilevante, «de tollen<strong>di</strong>s imaginibus<br />
sancta et pia». È anche sintomo evidente del coinvolgimento della città<br />
nell’attesa <strong>di</strong> tutto ciò che <strong>di</strong> volta in volta poteva essere u<strong>di</strong>to pre<strong>di</strong>care<br />
dai pulpiti il fatto che Erastus facilmente fosse riuscito anche a sapere (e<br />
quin<strong>di</strong> a comunicare a Zurigo) che durante il capitolo degli agostiniani<br />
da poco cominciato «illi qui sunt prae<strong>di</strong>caturi pii sunt viri, docti, religiosi<br />
et sancti». Ma le attese della città non erano le stesse <strong>di</strong> Erastus. Il giovane<br />
ascoltatore zwingliano concentrava la sua attenzione sulle asserzioni dei<br />
pre<strong>di</strong>catori, alla ricerca <strong>di</strong> più o meno lontane consonanze con le proprie<br />
dottrine e convinzioni e alla ricerca <strong>di</strong> tutto quanto potesse rendere intelligibile<br />
la situazione religiosa bolognese ai suoi lontani interlocutori <strong>di</strong><br />
Zurigo – dal punto <strong>di</strong> vista <strong>di</strong> Zurigo. In<strong>di</strong>fferente alle ragioni <strong>di</strong> una<br />
pre<strong>di</strong>cazione ancora così <strong>di</strong>scorde, Erastus è anche in<strong>di</strong>fferente alle emozioni<br />
dell’u<strong>di</strong>torio <strong>di</strong> fronte a quelle forme <strong>di</strong> eloquio così contrastanti.<br />
La sola volta che egli sposta l’attenzione dal pulpito sulla folla lo fa perché<br />
<strong>di</strong>stratto dal clamore suscitato dalla reazione <strong>di</strong> un’ascoltatrice emozionata<br />
dalle argomentazioni del pre<strong>di</strong>catore sulla predestinazione: ed<br />
Erastus considera quella reazione una manifestazione <strong>di</strong> parossismo <strong>di</strong>a-<br />
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