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Documento - Scuola Superiore di Studi Storici, Geografici ...

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II - ANTICRISTO E CHIESA ROMANA<br />

<strong>di</strong>re fino a qual punto l’insinuante pre<strong>di</strong>cazione del Pergola nella cornice<br />

ufficiale del maggior tempio citta<strong>di</strong>no e la meno inibita pre<strong>di</strong>cazione semiclandestina<br />

del Fonzio concordassero su concetti così eversivi dei fondamenti<br />

dell’or<strong>di</strong>namento ecclesiastico. Ma è certo che i loro ascoltatori<br />

vi trovarono un filo comune che le univa. Di quei concetti il Rangoni<br />

fu uno degli assertori più convinti. Ne fu anche un <strong>di</strong>ffon<strong>di</strong>tore senza remore<br />

in una cerchia che con gli anni si andò allargando sempre <strong>di</strong> più.<br />

La convinzione <strong>di</strong> far parte d’un movimento che univa quanti si andavano<br />

«confortando l’un l’altro con darsi speranza che un giorno si debba<br />

pre<strong>di</strong>car la verità evangelica tanto tempo fa perseguitata et occultata», lo<br />

spingeva a un’intensa attività <strong>di</strong> propaganda, sorretta anche dalla presunzione<br />

che il prestigio del casato lo mettesse al riparo da azioni inquisitorie.<br />

290 Assunse come motivo ispiratore <strong>di</strong> questa sua attività l’ammonimento<br />

<strong>di</strong> Matth., XXIV, 24-26, Surgent enim pseudochristi et pseudoprophetae<br />

..., uno dei testi più ricorrenti nella letteratura d’ogni tempo contro<br />

«pseudocristi» e «pseudoprofeti», che il Rangoni applicava all’intera struttura<br />

ecclesiastica e ai suoi annunci quoti<strong>di</strong>ani della presenza <strong>di</strong> Cristo in<br />

essa, smentiti insieme dalla falsità della dottrina e dalla corruzione dei costumi.<br />

291 Quanto alla dottrina, il Rangoni riteneva che norma inderogabile<br />

dovesse essere il richiamo alle Scritture, la cui testimonianza egli esigeva<br />

sempre e dovunque, persino in conversazioni che egli intavolava «in<br />

ecclesia maiore». 292 Non perdeva occasione per denunciare come idolatria<br />

tutte le forme esteriori del culto, dallo «strepito» delle campane, che a<br />

nient’altro chiamavano se non «ad idolatriam committendam», alla celebrazione<br />

della messa. 293 Era noto per la sua capacità <strong>di</strong> suscitare dubbi e<br />

turbamenti: un popolano, Andrea Tosabecco, confidò al canonico Nicolò<br />

Buzale che era stato il Rangoni a suscitargli tali dubbi sull’eucaristia<br />

«ut non posset pacata conscientia interesse missae». 294 Lo stravolgimento<br />

delle Scritture aveva fatto della Chiesa un’istituzione satanica, un’incarnazione<br />

dell’Anticristo; e non temeva <strong>di</strong> in<strong>di</strong>carne i responsabili allo stesso<br />

canonico Buzale, al quale <strong>di</strong>ceva «summum pontificem esse Antichristum<br />

et quod car<strong>di</strong>nales nihil aliud erant quam demones. Item <strong>di</strong>cebat de<br />

290 Ibid., busta 3, Processi 1550-1565, processo Giovanni Rangoni, testimonianza <strong>di</strong> Ludovico<br />

da Lione del 19 marzo 1566.<br />

291 Ibid., deposizione <strong>di</strong> Nicolò Buzale del 13 maggio 1563.<br />

292 Ibid., denuncia <strong>di</strong> Antonio Mascarelli del 12 agosto 1552.<br />

293 Ibid., deposizione <strong>di</strong> Nicolò Buzale del 13 maggio 1563.<br />

294 Ibid.<br />

~ 153 ~

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