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Documento - Scuola Superiore di Studi Storici, Geografici ...

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II - ANTICRISTO E CHIESA ROMANA<br />

indulgenze e le mille altre invenzioni <strong>di</strong>aboliche, con cui si inebriano gli<br />

sprovveduti, messe, bolle, visite delle chiese, anniversari, sono state escogitate<br />

«solum amplifican<strong>di</strong> caussa regnum Antichristi, ut uberiores reddantur<br />

census vestri». 201 E così sul resto delle <strong>di</strong>scussioni vagamente confessate<br />

dal Rinal<strong>di</strong> (o registrate schematicamente dall’inquisitore): il celibato,<br />

che s. Paolo attribuisce a suggerimenti del <strong>di</strong>avolo, copre un’immensa<br />

realtà <strong>di</strong> ipocrisia e <strong>di</strong> corruzione; 202 conventi, monaci e voti monastici<br />

sono <strong>di</strong>venuti una tale realtà che «si re<strong>di</strong>rent qui haec collegia<br />

constituerunt, ea ra<strong>di</strong>citus estirparent»; pronunciano voti «ut sibi mercentur<br />

para<strong>di</strong>sum» e fondano nuove regole «ne observent quae sunt<br />

Christi»; ingor<strong>di</strong> e <strong>di</strong> peso al mondo, dovrebbero essere costretti a guadagnarsi<br />

da vivere col sudore della fronte; non si vede quale utilità apporti<br />

alle vedove e ai poveri tutta quella loro profusione <strong>di</strong> ricchezza nel costruire<br />

cappelle e conventi. 203 Ma da questa rappresentazione del malcostume<br />

ecclesiastico, <strong>di</strong>venuta usuale nella libellistica <strong>di</strong> quegli anni (il<br />

malcostume monastico era anche al centro del Sommario della Sacra Scrittura),<br />

i popolani del circolo bolognese del Rinal<strong>di</strong> non traevano semplici<br />

denunce del genere tra<strong>di</strong>zionale dell’invettiva antiromana e antimonastica.<br />

Certo, la rappresentazione <strong>di</strong> tutto ciò che l’umanista Curione considerava<br />

effetto del potere catalettico dell’ignoranza e della superstizione<br />

traeva forza persuasiva anche dai riferimenti ad aspetti propri dell’orizzonte<br />

sociale <strong>di</strong> quei popolani: le ricchezze accumulate dalla Chiesa grazie<br />

a pratiche devote che, come lacciuoli invisibili, avvolgono e tengono<br />

«simplicem plebeculam intricatam et captivam»; 204 i costumi smodati degli<br />

or<strong>di</strong>ni men<strong>di</strong>canti «ex sudore et sanguine pauperum ociosi victitantes»; 205<br />

la credulità <strong>di</strong> tante povere conta<strong>di</strong>ne che, pur essendo state già defraudate<br />

del poco che possedevano per i loro figli, tuttavia destinano ancora<br />

qualcosa alla celebrazione <strong>di</strong> messe <strong>di</strong> suffragio; 206 e così via. Ma né queste<br />

rappresentazioni del Curione né le reazioni dei lettori del suo libello si<br />

rivolgevano solo contro una somma <strong>di</strong> abusi: la loro denuncia riguardava<br />

il principio che aveva rappresentato e rappresentava <strong>di</strong> per sé un’alternativa<br />

<strong>di</strong> corruzione, cioè l’esaltazione delle opere rispetto alla fede, dei<br />

meriti rispetto alla giustificazione per la sola fede. Un’alternativa <strong>di</strong> prin-<br />

201 Iu<strong>di</strong>cium Pasquilli cit., p. 185.<br />

202 Ibid., p. 186.<br />

203 Ibid., p. 197.<br />

204 Exemplum processus cit., p. 257.<br />

205 Ibid., p. 279.<br />

206 Iu<strong>di</strong>cium Pasquilli cit., p. 197.<br />

~ 125 ~

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