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Documento - Scuola Superiore di Studi Storici, Geografici ...

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ANTONIO ROTONDÒ<br />

revisione critica, della letteratura agiografica. 99 Non ci sarà rinnovamento<br />

della società cristiana fino a quando la fede sarà soffocata da queste parvenze<br />

numinose che persuadono e atterriscono, ma che, in realtà, possono<br />

nuocere soltanto a chi vi crede, non a chi le respinge e le condanna: 100<br />

«Et quid te – domanda, spazientito, Pasquino – tam superciliose urgent<br />

miracula? Nescis ubi illa sunt frequentia summae insi<strong>di</strong>ae esse signa?». 101 Se<br />

così non fosse, cosa sarebbe dovuto accadere in Germania, dove «partim<br />

combusserunt, partim in cryptas reiecerunt» tutti questi simulacri dell’Anticristo?<br />

102<br />

Ma a questo punto l’itinerario <strong>di</strong> Marforio rischia <strong>di</strong> arrestarsi. La<br />

somma <strong>di</strong> novità prospettategli da Curione era sconvolgente: dall’uso<br />

politico dei miracoli, con quell’irrefutabile riferimento testamentario alla<br />

tirannide idolatrica <strong>di</strong> Baal, alla denuncia dei vincoli imposti alle coscienze<br />

dalla nascita e dalla forza dell’educazione, a quel richiamo impassibile<br />

della recisa iconoclastia operata in Germania. E Marforio risponde: «Tu<br />

nimis altum sapis, Pasquille»; bisogna credere con semplicità, e non importa<br />

che semplicità equivalga a ignoranza («... simplicitatem et ignorantiam<br />

unam esse et eandem»). 103 I documenti del tempo testimoniano abbondantemente<br />

la realtà <strong>di</strong> questo passaggio <strong>di</strong>fficile dell’evoluzione <strong>di</strong><br />

Marforio, questo suo moto <strong>di</strong> resipiscenza, l’impulso a tornare, <strong>di</strong> fronte<br />

a spinte ra<strong>di</strong>cali, alle rassicuranti certezze della tra<strong>di</strong>zione: meglio essere<br />

semplici e ignoranti, e «non multum fatigare cum rebus sacris et permittere<br />

magnis theologis omnia». 104 Su questo punto Alessandro Caravia aveva<br />

possibilità <strong>di</strong> essere ascoltato. Un solo esempio. Un artigiano modenese<br />

processato a Bologna e poi giustiziato a Modena, nel ripercorrere le<br />

sollecitazioni cui era stato sottoposto per anni dai componenti più audaci<br />

del gruppo <strong>di</strong> cui aveva fatto parte, narrò all’inquisitore: «Sempre, in tutti<br />

li ragionamenti occorsi tra noi <strong>di</strong> tal materia, io havevo <strong>di</strong>splicentia nell’animo,<br />

et sentivo cruccio nella mia mente, et partito ch’io era da loro,<br />

99 Ibid., II, p. 437. A p. 492 si auspica l’eliminazione della letteratura agiografica: «... et<br />

utinam habeamus horum [dei santi] historias aliquando eliminatas; miraberis tam vastam<br />

mendaciorum partem rescissam». Meno ra<strong>di</strong>calmente in Pasquillus exstaticus cit., p. 65: «... et<br />

utinam habeamus horum historias repurgatas».<br />

100 Pasquillorum tomi duo, II, p. 439.<br />

101 Ibid., II, p. 438.<br />

102 Ibid., II, p. 439.<br />

103 Ibid.; a p. 441: «Certe, Pasquille, ego hactenus semper cre<strong>di</strong><strong>di</strong>, debere nos simplices,<br />

hoc est ignorantes esse».<br />

104 Ibid., II, p. 439.<br />

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