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All'improvviso un temporale d'estate - di Valter ... - Nicola Saba

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zione, sollecitata oltremodo dall’impazienza, gravata dalla necessità <strong>di</strong><br />

sbrogliare nel giro <strong>di</strong> poche ore tutto quel pasticcio, ha preso <strong>un</strong>a decisione<br />

che le sembra razionale e avveduta: si serve <strong>di</strong> <strong>un</strong> nuovo <strong>di</strong>schetto per<br />

spiegare ogni cosa alla sorella, per raccontarle tutto quello che è accaduto<br />

da quando si è inavvertitamente impadronita del floppy e per in<strong>di</strong>carle<br />

come leggere il <strong>di</strong>schetto che contiene i dati. Conclude con <strong>un</strong>a raccomandazione:<br />

nel caso malaugurato che le fosse accaduto qualcosa, Letizia<br />

doveva rivolgersi imme<strong>di</strong>atamente alla polizia, consegnare senza indugio<br />

entrambi i <strong>di</strong>schetti agli agenti e abbandonare imme<strong>di</strong>atamente nelle<br />

loro mani tutta la faccenda.<br />

Francesca decide poi <strong>di</strong> non fare nemmeno <strong>un</strong>a copia del <strong>di</strong>schetto<br />

sottratto dall’ufficio. Ness<strong>un</strong>a copia, ness<strong>un</strong> pericolo per altre persone,<br />

pensa. Meglio tenere tutti lontano da eventuali guai.<br />

Per Francesca è venuto il momento <strong>di</strong> congedarsi: “Scusami, Gino –<br />

gli <strong>di</strong>ce con voce carica <strong>di</strong> affetto -. Scusami se ho finito per coinvolgerti<br />

in <strong>un</strong>a faccenda che mi è ancora poco chiara.”<br />

“Ma non sei sicura che lo sia, e a me <strong>di</strong>spiace <strong>di</strong> non esserti stato<br />

maggiormente d’aiuto.”<br />

“Ma mi sei stato d’aiuto più che a sufficienza. Mi hai messo in grado<br />

<strong>di</strong> leggere quel maledetto floppy.”<br />

“Io però avrei voluto aiutarti a capire cosa significavano quei dati.”<br />

“Per ora non ha ness<strong>un</strong>a importanza, io però ti raccomando lo stesso<br />

<strong>di</strong> non fare parola con ness<strong>un</strong>o della mia venuta a Mestre, né <strong>di</strong> quello che<br />

abbiamo tentato <strong>di</strong> fare questa notte.” E intanto Francesca pensa che <strong>un</strong>a<br />

sede della sua <strong>di</strong>tta si trova anche nel Porto <strong>di</strong> Venezia.<br />

“Io sarò muto come <strong>un</strong> pesce, tu però con quel floppy e queste raccomandazioni<br />

mi sembri <strong>un</strong>a spia industriale che ha appena trafugato chissà<br />

quale progetto segreto. Magari quelli sono soltanto dati che la tua <strong>di</strong>tta<br />

non vuole far conoscere alla concorrenza, oppure, e mi sembra più probabile,<br />

al fisco.”<br />

“Non credo proprio <strong>di</strong> essere <strong>un</strong>a Mata Hari. Tu però, mi raccomando,<br />

non parlare a ness<strong>un</strong>o <strong>di</strong> tutto questo.”<br />

“Io faccio conto <strong>di</strong> non averti mai più incontrata da quando te ne sei<br />

andata a lavorare a Trieste, purtroppo” risponde Gino con <strong>un</strong> sorriso tranquillo.<br />

“E’ ora che io me ne vada. Ciao, Gino. Ti ringrazio proprio per avermi<br />

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