All'improvviso un temporale d'estate - di Valter ... - Nicola Saba
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ore. Non poteva <strong>di</strong> certo bussare alla porta e <strong>di</strong>re bellamente a quei due<br />
sconosciuti, con <strong>un</strong> can<strong>di</strong>do sorriso ebete da ingenua del paese, che aveva<br />
preso lei per sbaglio il <strong>di</strong>schetto, ma che non sapeva cosa c’era dentro.<br />
Chi mai le avrebbe creduto?<br />
Per fort<strong>un</strong>a, prima che quei due terminassero <strong>di</strong> <strong>di</strong>scutere a voce più<br />
bassa e ringhiosa, soltanto i lontani e in<strong>di</strong>stinti brontolii <strong>di</strong> <strong>un</strong> litigio furioso<br />
le gi<strong>un</strong>gevano ora in corridoio, uscissero dalla stanza e la vedessero, il<br />
<strong>di</strong>rettore aveva concluso la sua non l<strong>un</strong>ghissima telefonata e l’aveva fatta<br />
accomodare nel suo sancta sanctorum. Quando, <strong>di</strong>eci minuti dopo, timorosa<br />
e con gli occhi p<strong>un</strong>tuti a controllare il corridoio, era uscita a gambe<br />
rigide dall’ufficio del <strong>di</strong>rettore con i nuovi or<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> lavoro, la porta dell’altra<br />
stanza era spalancata e dei due sconosciuti non c’era traccia alc<strong>un</strong>a,<br />
come se quei due non fossero mai esistiti e quella porta non fosse mai<br />
stata chiusa.<br />
Non appena era rientrata nel suo ufficio, Francesca De Stefani, approfittando<br />
del fatto che in quel momento non era presente ness<strong>un</strong>o dei<br />
due compagni <strong>di</strong> stanza - sentiva che ormai non le era più possibile fidarsi<br />
<strong>di</strong> ness<strong>un</strong>o dei suoi compagni <strong>di</strong> lavoro -, aveva imme<strong>di</strong>atamente ripescato<br />
dal contenitore della corrispondenza il <strong>di</strong>schetto ancora coperto e incidentalmente<br />
nascosto dai fogli e, lesta, lo aveva infilato dentro il collant. Poco<br />
dopo terminava il suo orario <strong>di</strong> lavoro e se ne era andata <strong>di</strong> premura verso<br />
casa, con il <strong>di</strong>schetto che le bruciava addosso come <strong>un</strong> tizzone ardente,<br />
pensando già a <strong>un</strong> modo sicuro <strong>di</strong> sbarazzarsene subito. Ma poi, incuriosita,<br />
non lo aveva né <strong>di</strong>strutto né gettato in <strong>un</strong> cassonetto delle immon<strong>di</strong>zie.<br />
Aveva invece cercato <strong>di</strong> leggerlo con il computer <strong>di</strong> casa, non era<br />
però riuscita a superare la protezione. Di nuovo allora, <strong>di</strong> fronte alla <strong>di</strong>fficoltà<br />
inattesa, era stata tentata <strong>di</strong> <strong>di</strong>struggerlo, ma il <strong>di</strong>schetto, aveva pensato<br />
a mente più fredda, doveva contenere dati <strong>di</strong> assoluta, vitale importanza,<br />
se la sua scomparsa aveva suscitato <strong>un</strong> tale vespaio, destato tanta<br />
preoccupazione e provocato certe conseguenze impreve<strong>di</strong>bili e tremende.<br />
E lei ormai voleva conoscere quei dati, entrare in possesso <strong>di</strong> quelle<br />
informazioni. Ma chi poteva aiutarla? Chi, se non Gino Molin? Si era<br />
risposta dopo breve riflessione. Una rapida telefonata, per accertarsi che<br />
Gino fosse in casa e aspettasse il suo arrivo, e già prendeva giaccone e<br />
chiavi dell’automobile, pronta a partire per Mestre. Ma si era fermata,<br />
perché aveva deciso <strong>di</strong> riempire prima in fretta e furia con gli indumenti<br />
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