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All'improvviso un temporale d'estate - di Valter ... - Nicola Saba

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Letizia interrompe <strong>di</strong> nuovo la lettura per precisare <strong>un</strong> particolare<br />

essenziale che le sembra assolutamente importante sottolineare subito:<br />

“Controlla il timbro postale - <strong>di</strong>ce in fretta, mentre porge con decisione la<br />

busta a Umberto -. La lettera è stata imbucata qui, a Mestre, non a Trieste,<br />

dove da qualche tempo lei lavorava, e viveva da sola. A Trieste app<strong>un</strong>to<br />

avrebbe dovuto imbucarla, dove lei si sarebbe dovuta trovare, perché<br />

aveva già ripreso il lavoro dopo <strong>un</strong> periodo <strong>di</strong> ferie. Del resto lo si<br />

desume dalle sue stesse parole. Che dovesse essere a Trieste lo ha scritto<br />

in modo esplicito non solo a questo p<strong>un</strong>to, ma anche più sotto. E invece,<br />

guarda, controlla anche tu, la lettera è stata imbucata qui, in città.”<br />

Umberto, colpito dalla precisazione <strong>di</strong> Letizia, si sofferma a esaminare<br />

brevemente il timbro sulla busta. “Già, Mestre”, conferma pensoso,<br />

ma riprende subito la lettura. ‘Ho cominciato a pensare a quando eravamo<br />

bambine, sempre insieme e con tanti amici intorno, sempre a giocare<br />

e a rincorrerci felici per calli e campielli...’<br />

“Non ricordo se te l’ho già detto, ma non mi pare <strong>di</strong> averlo fatto - si<br />

interpone <strong>di</strong> nuovo Letizia -, io e mia sorella siamo nate e cresciute a<br />

Venezia. Siamo... eravamo gemelle monozigotiche. Eravamo pressoché<br />

identiche. Da piccole perfino i conoscenti spesso ci scambiavano l’<strong>un</strong>a<br />

per l’altra, con nostro <strong>di</strong>vertimento” conclude con voce mesta e abbassando<br />

il viso.<br />

Umberto ha ascoltato attento, e ora l’istinto lo spingerebbe a trovare<br />

parole <strong>di</strong> consolazione, al momento però non può fare altro che riprendere<br />

la lettura. “D<strong>un</strong>que ‘... per calli e campielli, e d’impulso mi sono messa a<br />

scriverti. In particolare mi sono ricordata <strong>di</strong> <strong>un</strong> gioco che facevamo molto<br />

spesso, quando ci <strong>di</strong>vertivamo a nascondere piccoli oggetti e a lasciarci i<br />

messaggi segreti nel posto segreto, quello esclusivamente nostro. Sento<br />

<strong>un</strong>a grande nostalgia <strong>di</strong> quei tempi, e mi piacerebbe essere ancora bambina<br />

e giocare ancora con te nella vecchia casa <strong>di</strong> mamma e papà, e metterti<br />

a parte dei miei segreti, come facevo allora. Bando alle malinconie<br />

ora. Qui a Trieste tutto va bene. Non mi posso certamente lamentare del<br />

mio lavoro, tanto impreve<strong>di</strong>bile e davvero sorprendente, a volte, né dei<br />

miei colleghi d’ufficio, così gentili e carini.’ Direi che...”<br />

Ancora <strong>un</strong>a volta Letizia interrompe Umberto, per p<strong>un</strong>tualizzare quello<br />

che nelle parole <strong>di</strong> Francesca trova in stridente contrasto con la realtà a<br />

lei nota: “E’ molto strano, <strong>di</strong>rei assurdo, che si esprima a questo modo sul<br />

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