All'improvviso un temporale d'estate - di Valter ... - Nicola Saba
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Letizia è rimasta momentaneamente sola. Presto sente nascere il<br />
desiderio <strong>di</strong> conoscere ancora meglio Umberto, il suo modo <strong>di</strong> essere, le<br />
sue abitu<strong>di</strong>ni, approfitta d<strong>un</strong>que <strong>di</strong> quel breve intervallo per esaminare con<br />
occhio attento, anche se benevolo, l’appartamento. E si meraviglia nel<br />
vedere che vi manca il <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ne tipico della casa <strong>di</strong> <strong>un</strong>o scapolo. Umberto<br />
non fuma, e d<strong>un</strong>que ness<strong>un</strong> portacenere pieno <strong>di</strong> vecchi mozziconi <strong>di</strong> sigaretta.<br />
Niente stoviglie e piatti sporchi nel lavan<strong>di</strong>no, ovviamente, ma<br />
nemmeno libri o rotocalchi o giornali sportivi accatastati alla rinfusa, oppure<br />
letto sfatto e coperte buttate qua e là, o anche cravatte, camicie,<br />
scarpe, calzini lasciati in abbandono.<br />
Dopo <strong>un</strong> quarto d’ora Umberto è già <strong>di</strong> ritorno con <strong>un</strong> sorriso e <strong>un</strong>a<br />
borsa <strong>di</strong> plastica piena <strong>di</strong> pacchetti. Apparecchiano insieme la tavola e si<br />
de<strong>di</strong>cano con calma alle pietanze, che Letizia gra<strong>di</strong>sce, anche se i sapori<br />
non le sono abituali, e intanto allentano la tensione con chiacchiere convenzionali<br />
<strong>di</strong> lavoro.<br />
Soltanto dopo il caffè, che sorbiscono in salotto, e davanti a <strong>un</strong> bicchierino<br />
<strong>di</strong> obstler, che mandano giù in ricordo dei giorni trascorsi in montagna,<br />
si riaffaccia alle loro menti consapevoli la ragione per cui si trovano<br />
seduti assieme nel salotto <strong>di</strong> Umberto.<br />
“Torniamo alla lettera” <strong>di</strong>ce Umberto con <strong>un</strong> certo tono deciso, rivolto<br />
più a se stesso che all’amica.<br />
“Eccola” risponde pronta Letizia e, dal <strong>di</strong>vano dove è seduta, gli porge<br />
la busta.<br />
“Già, la busta, prima <strong>di</strong> tutto. E’ ovvio che l’ha imbucata qui, porta il<br />
timbro <strong>di</strong> Mestre – <strong>di</strong>ce Umberto, che continua a controllare -. La data<br />
però è quasi illeggibile. Lasciami guardare bene. Mi pare <strong>di</strong> leggere<br />
ventinove zero <strong>un</strong>o. Sì, è stata spe<strong>di</strong>ta il ventinove <strong>di</strong> gennaio.”<br />
“Come? Il ventinove? Proprio il ventinove <strong>di</strong> gennaio?” Lo interrompe<br />
e ripete interrogativa Letizia, e la voce suona strana e alterata dalla<br />
sorpresa. Umberto la fissa interdetto. Subito lei esclama incredula: “Ma è<br />
il giorno in cui Francesca è morta!”<br />
Umberto, più interdetto ancora, continua per qualche secondo a fissarla<br />
negli occhi, poi si alza in pie<strong>di</strong>. “Aspetta <strong>un</strong> momento, bisogna che<br />
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