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zione); il Municipio dei beni comuni a Pisa (un ex colorificio, simbolo della storia industriale della<br />

<strong>città</strong>, chiuso nel 2008); a Napoli, l’OPG occupato – Je so pazzo, uno stabile enorme nel cuore della<br />

<strong>città</strong>, precedentemente adibito ad ospedale psichiatrico giudiziario; sempre a Napoli, l’Ex asilo Filangeri<br />

(7), ex sede del Forum delle Culture; il Macao a Milano, palazzina liberty inutilizzata da anni e<br />

parte di un progetto di riqualificazione mai iniziato.<br />

Ognuno dei casi citati rappresenta senz’altro un’esperienza singolare, ma con delle idee condivise:<br />

sullo sfondo, una proprietà storica nel centro della <strong>città</strong> da proteggere contro la privatizzazione o<br />

l’abbandono, o dalla speculazione edilizia; la volontà di ripristinare la funzione pubblica di questi<br />

<strong>spazi</strong>, consentendone una fruizione collettiva; la formazione di un gruppo eterogeneo di persone legate<br />

dal riconoscimento di star difendendo ed attuando il bene della comunità. La situazione romana è particolarmente<br />

emblematica, essendo del tutto inadeguata da parte del settore pubblico la gestione del<br />

suo enorme patrimonio storico. Nel panorama delle ultime occupazioni lo spettro è ampio: si va dai<br />

numerosi cinema e teatri occupati (Nuovo Cinema Palazzo, Nuovo Cinema America, Teatro Valle Occupato,<br />

Volturno Occupato), alle biblioteche e aule studio autogestite (Communia, Biblioteca Metropolitana<br />

Autogestita – BAM, Biblioteca Autogestita di Casal Bertone – BAC), ai centri di cultura, sport<br />

popolare e aggregazione sociale (ESC Atelier, Sans Papiers, Scup), alle case delle donne (Casa delle<br />

Donne Lucha y Siesta, Centro Donne Dalia) e molto altro ancora. Senz’altro la spinta iniziale, l’atto di<br />

nascita di ciascuna di queste esperienze è stato l’intento di colmare il vuoto istituzionale, per arrivare<br />

ben presto a far luce su qualcos’altro: su quella idea di partecipazione dal basso, secondo meccanismi<br />

decisionali che consentano ai cittadini di mostrarsi gli uni agli altri, generando una prassi istituente (ma<br />

né “istituzionalizzata” né “istituzionalizzante”) (8).<br />

5. L’ESEMPLARITÀ COME FORMA NORMATIVA. — Nel suo saggio La forza dell’esempio Alessandro<br />

Ferrara si occupa, come da titolo, di un particolare tipo di “forza” che plasma il mondo dell’abitare<br />

umano, a suo avviso ingiustamente disconosciuta nei secoli. Oltre alla ben più fortunata “forza delle<br />

cose”, ossia di “ciò che è”, che esiste nel mondo (come forza dell’abitudine, della cultura, della tradizione,<br />

ecc.) e alla “forza delle idee”, o di “ciò che deve essere” (che ci permette di valutare positivamente<br />

o negativamente uno stato di cose, pensando a come “dovrebbero” essere), c’è una terza forza,<br />

che colma quell’immensa frattura fra necessità e libertà. Si tratta della “forza di ciò che è come dovrebbe<br />

essere ovvero la forza dell’esempio” (Ferrara, 2008, p. 18). Forza occasionata da quel giudizio riflettente,<br />

che tanto aveva impegnato Kant, principio in seguito per lungo tempo relegato all’ambito<br />

dell’estetica. “Esempio” deriva dal latino ex-emplum, participio passato del verbo eximere, che significa<br />

estrarre: come suggerisce la sua etimologia, è un qualcosa da cui si ricava o che getta luce su un<br />

principio. Prosegue Ferrara: “A volte sappiamo di cosa l’esempio è un esempio. Altre volte l’esempio è<br />

puro, ne abbiamo solo una vaga sensazione e dobbiamo formulare ad hoc il principio di cui costituisce<br />

un’esemplificazione” (ibid., p. 19).<br />

6. CONCLUSIONI. — La situazione romana delle occupazioni, specialmente (ma non solo) le occupazioni<br />

di nuova generazione, sorte dopo il referendum sull’acqua, sta dando vita ad un fenomeno<br />

inedito, che ruota attorno alla nozione di “comune”, generando <strong>luoghi</strong> capaci di dar forma allo <strong>spazi</strong>o<br />

pubblico, inteso come <strong>spazi</strong>o di apparenza – in cui si pratica la deliberazione collettiva, dove le parole<br />

sono performative e dove si ha la possibilità di esercitare il giudizio. Mai come ora questi <strong>spazi</strong> stanno<br />

rischiando il soffocamento da parte delle istituzioni. Al contempo, l’incombente minaccia, come in<br />

ogni crisi, può far paradossalmente emergere con più lucidità cosa si vuole tutelare e grazie a quali<br />

(7) L’Ex asilo Filangeri rappresenta una fortunata eccezione alla consueta repressione che ha visto la chiusura, o lo sgombero, di buona<br />

parte delle altre esperienze dei centri sociali. La giunta De Magistris ha infatti, nel gennaio 2016, destinato lo stabile ad “uso collettivo”<br />

gratuito da parte di tutta la cittadinanza napoletana, seguendo l’art. 118, ultimo comma, della Costituzione: http://exasilofilangeri.it/paolomaddalena-lasilo-e-la-costituzione.<br />

(8) http://www.rifondazione.it/primapagina/?p=18357.<br />

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