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AaVv_Commons_2016_intero

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Aa.Vv. (2016), Commons/Comune, Società di studi geografici. Memorie geografiche NS 14, pp. 321-326<br />

MAURA BENEGIAMO*<br />

INTRODUZIONE<br />

Cosa vuol dire rendere la terra un bene comune? Dal land grab al consumo di suolo, la terra e le<br />

risorse in esse inscritte sono sempre più inserite in percorsi di accumulazione e finanziarizzazione, con<br />

conseguenti effetti di mercificazione, privazione ed espropriazione. Lo Stato e i governi locali sono attori<br />

chiave in questo processo, ma spesso si trovano ad agevolare piuttosto che contrastare questa tendenza.<br />

I commons tendono ad essere invocati come una terza via per uscire da tale impasse, tuttavia si<br />

tratta di una categoria empiricamente ed analiticamente ancora poco definita. Più oggetto di dibattito<br />

che un dato acquisito, si veda per esempio la distinzione tra commons, new commons e global commons,<br />

ognuno dei quali implica una diversa maniera di pensarne la gestione e delineare i diritti associati<br />

(Barberis, 2013; Diciotti, 2013). La sessione si proponeva di raccogliere contributi teorici e studi<br />

di caso capaci di interrogare la questione dei beni comuni in merito a pratiche, politiche e conflitti legati<br />

alla gestione della terra e delle risorse ad essa correlate. I tre interventi pubblicati (Caridi, Inverardi<br />

e Carabellese) riflettono sulle tensioni a cui la risorsa suolo è soggetta in diversi contesti – urbano,<br />

periurbano e rurale – ed aree geografiche differenti – Europa, Asia e America Latina – permettendo<br />

così di articolare una visione globale e composita dei processi di mercificazione fondiaria e di<br />

interrogare il ruolo dello Stato al loro interno. Il protagonismo dell’elemento finanziario, sottolineato<br />

in ciascuno dei contributi, nel veicolare e rendere possibili cambiamenti di uso del suolo, riorganizzazioni<br />

<strong>spazi</strong>ali e progetti di intensificazione urbana conferma quanto già espresso dalla geografia economica<br />

circa il ruolo rilevante delle componenti materiali e <strong>spazi</strong>ali nei processi di accumulazione<br />

(Smith, 2008; Harvey, 2011a). Consente inoltre di leggere l’insistenza sulla terra e sul suolo urbano alla<br />

luce delle relazioni capitaliste tra crisi e accumulazione, pensando la centralità della dimensione del<br />

bene comune non solo come istanza rivendicativa e di resistenza al mercato – in un’ottica polanyana<br />

(Polanyi, 1944) – ma quale elemento dominante nella riorganizzazione dei processi di valorizzazione<br />

nel contemporaneo. Infine la duplice attenzione posta alle conseguenze sociali legate all’espansione<br />

della frontiera agricola ed urbana ci sfidano a ripensare l’annosa questione delle relazioni <strong>città</strong>-campagna<br />

nello sviluppo capitalista, contestualizzandole all’interno della globalizzazione economica. Il quadro<br />

che ne scaturisce conferma l’inadeguatezza dei modelli classici dello sviluppo, tradizionalmente issati<br />

sull’idea di una modernizzazione agricola quale spinta propultrice della crescita industriale ed urbana<br />

(1). L’immagine che invece ci rimandano le periferie globali, dove sfumano i contorni tra <strong>città</strong> e<br />

campagna, è quella di un’economia del bisogno su scala urbana che si articola, origina ed è sostenuta<br />

da un’industrializzazione agraria, sempre più estrattivista nelle sue modalità (Gudynas, 2013).<br />

Affronteremo gli spunti di riflessione appena enunciati muovendo dai casi studio presentati, in<br />

particolare nei contributi di Carabellese e Inverardi. Nelle conclusioni ci concentreremo sul ruolo problematico<br />

dello Stato quale facilitatore del processo di mercificazione fondiaria. In questo frangente,<br />

prenderemo spunto dal contributo teorico di Caridi che ci invita ad immaginare il bene comune non<br />

come una categoria economica o giuridica dai contorni già segnati, quanto una categoria anzitutto re-<br />

*Desidero ringraziare tutti i partecipanti alle due sessioni del panel, con i quali si è creato un dibattito stimolante nei contenuti e nella<br />

forma. Grazie a Carlo Inverardi Ferri per lo scambio avuto in fase di stesura. Infine un grazie particolare a Davide Cirillo che, anche se non<br />

ha potuto partecipare alla pubblicazione, ha donato un contributo importante all’organizzazione ed allo svolgimento dell’incontro.<br />

(1) Cfr. Johnston e Mellor (1961) e Schultz (1964). Vedi anche Shiva (2016) per una critica di queste teorie e delle loro applicazioni nel<br />

campo della cosidetta Rivoluzione Verde.<br />

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